L'editoriale

Da Vasco Rossi parole sagge sull’onda d’odio e l’intolleranza

I concetti più sensati su Israele e Palestina li ha espressi il cantante, che magari non sarà un esperto di geopolitica, ma capisce di sentimenti e sa parlare ai giovani
Mauro Spignesi
19.05.2024 06:00

Dopo la scoperta che avvolto in una borsa c’era il corpo di Shani Louk, la giovane simbolo della strage del 7 ottobre al Nova Festival, ripresa mentre veniva buttata come un animale su un pick-up dai terroristi, arriva la notizia che sono state sospese le trattative per liberare gli ostaggi a Gaza. E questo accade mentre il drammatico mosaico attorno alla guerra fra Israele e Hamas svela un dato interessante, che dovrebbe far riflettere chi ha enfatizzato le proteste nelle università, spingendosi sino a dire che stava nascendo un nuovo Sessantotto. Sì, perché si è scoperto che al Politecnico federale di Zurigo (ETH), dove in 28 - dicasi 28 - hanno protestato a fronte di oltre 20mila iscritti, 23 manifestanti non c’entravano nulla con il mondo universitario. Fatti due conti, al netto gli studenti veri erano 4, oltre un impiegato, per giunta a tempo parziale. Ora si dirà che questo è solo un caso, che in altre realtà c’è stata una protesta più massiccia. Vero anche questo, ma quanti sono stati gli studenti e professori a protestare e quanti invece gli «infiltrati»?

Alla base della protesta c’è la richiesta di tagliare i rapporti tra le università e Israele accusata di «genocidio» a Gaza. Adesso c’è da domandarsi che senso abbia una proposta del genere. Perché l’università è anche un luogo di dibattito, di presa di coscienza, dove seminare sentimenti di pace. E poi, ancora, cosa c’entrano i ricercatori e i professori, oltre che gli studenti israeliani (che verrebbero isolati), con la guerra che ostinatamente viene portata avanti da Netanyahu e che ha fatto oltre 30mila morti? Sono tutti complici, appoggiano tutti le strategie del governo? No, tanto è vero che in Israele - contrariamente a quanto accade in altri Paesi del Medio Oriente dove a chi scende in piazza tagliano la testa, oppure come è successo nell’Iran alleata di Hamas una giovane, Mahsa Amini, che non indossava il velo, è stata uccisa a botte- le manifestazioni ci sono state. E ci saranno ancora. Certo, poi - va detto per inciso senza ambiguità - Netanyahu e il governo hanno gettato un’ombra seria sulla libertà di stampa oscurando Al Jazeera e impedendo ai giornalisti di entrare nelle aree di guerra.

Tornando alle università. Si dice che non è solo questione di rapporti tra atenei, ma anche di finanziamenti. Se così fosse per coerenza si dovrebbero chiudere i rapporti con Paesi dove non esiste una vera democrazia. E il discorso ci porterebbe lontano.

Ma queste manifestazioni contengono un altro aspetto, segnalato da tanti rettori, questo sì preoccupante. Quello dell’intolleranza e dell’odio. Una intolleranza che abbiamo visto anche in Svizzera e un odio che ad esempio in Italia ha portato i collettivi pro-Palestina a negare il diritto di parola al direttore di Repubblica Maurizio Molinari, in quanto ebreo. Odio che ha portato il 25 aprile i filo-palestinesi ad assalire la Brigata partigiana ebraica. Per non dire delle minacce alla senatrice Liliana Segre. Non condannare questi episodi vuol dire lasciare aperta una ambiguità che fa emergere un diffuso antisionismo.

Alla fine in questo dibattito i concetti più sensati li ha espressi sul Corriere della sera Vasco Rossi, che magari non sarà un esperto di geopolitica, ma capisce di sentimenti e sa parlare ai giovani: «Io rifiuto - ha detto - di schierarmi come se fosse una partita di calcio, Israele contro Palestina. Gli ebrei dopo quello che hanno sofferto hanno diritto a uno Stato. «Free Palestine» è uno slogan bello, da anime belle; ma se implica la distruzione di Israele, allora sarebbe più onesto dirlo. E alla distruzione di Israele io mi ribello».