A Lugano potrebbe succedere di tutto

Se non ora, quando? Potrebbero chiederselo molti dei partiti pronti a sfidarsi alle prossime elezioni comunali di Lugano. Se non provare stavolta a ottenere più seggi, allora quando? La domanda è suggerita da alcune tendenze che, sulle rive del Ceresio, rendono il prossimo appuntamento con le urne uno dei più incerti degli ultimi anni. In molti, obiettando, ricorderanno la sfida del 2013 fra Giorgio Giudici e Marco Borradori, ma era una questione ristretta ai due pesi massimi della politica e ai loro partiti. Discorso simile per l’emozionante testa a testa del 2016 fra Borradori e Michele Bertini: sempre «una poltrona per due», per citare un film la cui messa in onda si avvicina a grandi falcate anche quest’anno. In vista del prossimo aprile, invece, la situazione è più sfumata, gli equilibri più fragili, le sorprese più immaginabili. Una causa è la frammentazione del voto: fenomeno che favorisce i partiti più piccoli e che era emerso già alle ultime comunali, quando a scapito della Lega, del PLR e del PS, in Consiglio comunale, avevano fatto ingresso formazioni come Ticino & Lavoro, Più Donne e Sinistra Alternativa, senza dimenticare il rafforzamento di UDC e Verdi. Se la tendenza continuasse, i suoi effetti potrebbero farsi sentire anche a livello di Municipio: non ci spingiamo a ipotizzare clamorose sottrazioni di poltrone, ma un rosicchiamento di preziosi punti percentuali, sì.
Del resto i grandi partiti, mediamente, non se la passano molto bene. Della crisi in casa leghista (-6% nei voti di scheda dalle comunali del 2016 a quelle del 2021) si è scritto molto. Difendere le posizioni sarà meno facile di un tempo, anche perché manca un grande catalizzatore di voti come lo è stato Borradori. L’alleata UDC invece (+2,1%) scoppia di salute e questo, in via Monte Boglia, qualche problema lo pone. Dipende da come andrà la discussione interna, il silenzioso braccio di ferro per ridefinire i rapporti di forza. Ragionando per ipotesi: i democentristi potrebbero ottenere un seggio correndo da soli per l’Esecutivo, magari schierando il presidente nazionale Marco Chiesa? La possibilità sarebbe concreta. Allargando lo sguardo, se la maggioranza è in difficoltà, è lecito pensare che gli avversari tentino di approfittarne. Di questo però, al momento, si vede molto poco. Partiamo dal PLR (-5,7%), le cui ambizioni per aprile, quando non potrà più contare sul capogruppo Rupen Nacaroglu e su altri «senatori», sono un mistero. Basti pensare che all’ultima assemblea sezionale, l’obiettivo di riconquistare la maggioranza in Municipio non era stato nemmeno menzionato. Solo prudenza? Forse. I prossimi mesi ci diranno se il partito ha intenzione di puntare (davvero) su un nome forte da affiancare a Roberto Badaracco (a proposito: il vicesindaco può e vuole ambire a cancellare il prefisso -vice?) e Karin Valenzano Rossi. Se evitasse di farlo per blindare gli uscenti, confermerebbe solo di aver perso la grandezza di un tempo.
I socialisti, per contro, la loro uscente non la vogliono più. Lo hanno detto i copresidenti Filippo Zanetti e Tessa Prati: niente lista con un solo nome forte. Cristina Zanini Barzaghi ha risposto che lei in Municipio ci si vede ancora: deciderà comunque l’assemblea. Di certo il PS, nella sua volontà di cambiare rotta, qualche rischio se lo sta assumendo. Prima di tutto perché correrà senza i Verdi. Poi perché la prospettata discesa a Lugano della «ex» Amalia Mirante potrebbe far perdere ai socialisti luganesi (e non solo a loro) manciate di punti percentuali. Il nuovo corso tracciato dal duo Zanetti-Prati è affascinante e azzardato allo stesso tempo: il PS (-2% alle ultime comunali) andrà fino in fondo, o alla fine virerà sull’esperienza di un senatore come Raoul Ghisletta?
Rimane il Centro (-0,8%) che fra i grandi è il partito che sta meglio. Ha cambiato nome, stanno cambiando i tempi, e ciò potrebbe avergli tolto quell’etichetta di partito dei cattolici che da un lato lo identifica in modo netto, dall’altro lo limita a livello di numeri. I candidati per fare un exploit ci sarebbero anche. Filippo Lombardi è un uscente roccioso e capace di attirare consensi anche fuori dai centristi. E se gli azzurri decidessero di «attaccare» schierando anche Paolo Beltraminelli, che a Lugano è già stato municipale? Il secondo seggio a quel punto non sarebbe un miraggio, anche se al momento c’è la volontà di non creare una competizione interna con potenziali effetti nefasti. Già, ma se non ora, quando?