L'editoriale

Ai cittadini non si può solo dire di aspettare (il tram)

Il Cantone deve spiegare perché ha deciso di annullare il concorso per la progettazione
Giuliano Gasperi
30.03.2024 06:00

Com’è possibile che un concorso internazionale a cui hanno partecipato candidati di riconosciuto spessore, studi che hanno la possibilità di mettere la firma sul progetto di un’opera storica, si concluda con il committente che ritiene idonea l’offerta di un solo candidato, la cui vittoria nel frattempo è stata annullata dopo ricorsi e controricorsi? Sono gli ingegneri che hanno deluso le aspettative del Cantone dal punto di vista tecnico, finanziario o ambedue le cose, oppure è il Cantone che ha deluso le aspettative degli ingegneri (e della loro associazione mantello, che non le ha mandate a dire) fissando l’asticella troppo in alto e finendo poi per annullare il bando? Sono solo alcune delle domande rimaste aperte dopo la notizia della nuova, brusca frenata del futuro tram del Luganese, la cui realizzazione è attesa per far compiere un salto di qualità alla mobilità nella regione.

Il prossimo concorso per la progettazione della rete di trasporto pubblico sarà di fatto il terzo (il primo, lo ricordiamo, era stato affossato dal Tribunale cantonale amministrativo perché nel bando mancavano criteri che tenessero in considerazione l’organizzazione e l’esperienza dei concorrenti, mentre del secondo abbiamo già detto). Saranno quindi subito sotto pressione i vertici della RTTL, la società costituita per gestire la realizzazione del tram fino alla sua consegna e incaricata, a questo punto, di organizzare il nuovo concorso. Vietato sbagliare, verrebbe da dire, ma le cose non funzionano così. Il fatto che la SA, creata su precisa richiesta della Confederazione, parta con la consapevolezza di quello che è andato storto al Cantone, non è una garanzia che al prossimo tentativo tutto filerà liscio: la giurisprudenza non è una scienza esatta. Al cittadino, tuttavia, non si può lasciare soltanto la speranza.

Gli è dovuta anche la chiarezza, spiegando perché sono state prese certe decisioni, in base a quali criteri e con quali possibili implicazioni. Dopodiché ognuno potrà farsi la propria opinione: non è questo il punto. Ieri, dopo che sul Foglio ufficiale è apparsa la notizia della decisione, presa mercoledì, dell’annullamento del concorso, il Dipartimento del Territorio, sollecitato dai media, ha fatto sapere che non rilascerà dichiarazioni fino alla crescita in giudicato della decisione stessa. Passi l’attesa giuridica, ma poi Bellinzona qualche risposta la dovrà dare. Parlando in generale di come comunicano le istituzioni ticinesi in situazioni complicate, non si può continuare a seguire la politica del «meno si dice e più tardi lo si dice, meglio è», che nella nostra epoca ha sempre meno senso.

C’è anche un altro aspetto che lascia perplessi, pensando al ritardo che potrebbe subire ancora il progetto: le procedure. Facciamo un esempio estremo e assurdo, solo per capirci sul principio: se fra dieci anni qualcuno dovesse inventare un tram in grado di volare e questa dovesse rivelarsi una delle cosiddette «invenzioni dirompenti», quelle che creano nuovi mercati sconvolgendo o addirittura sostituendo quelli preesistenti, il Ticino potrebbe non aver ancora finito di realizzare il suo tram sui binari. Che a quel punto, per dirla in parole povere, si rivelerebbe un progetto vecchio. Per questo, nella realizzazione di opere complesse come lo è la costruzione del tram del Luganese, è sempre meno accettabile dover fare i conti con un iter così lungo e tortuoso. Il tema è chiaramente federale, però la spinta per un cambiamento potrebbe venire anche dal Ticino. Non stiamo proponendo di sacrificare degli elementi cardine del sistema federale o d’intaccare il diritto ad inoltrare un ricorso, ma è impensabile che le procedure, in qualche modo, non possano essere ottimizzate, snellite, accorciate. Fra chi attende con crescente impazienza l’arrivo del tram c’è la Città di Lugano, che sta immaginando come ridisegnare il piazzale ex Scuole, e in generale la sua mobilità interna, senza sapere quando sbucheranno i futuri convogli.