C'è poco da gioire, domani sarà peggio

Il sì con colpevole ritardo da parte del Gran Consiglio ai conti cantonali per effetto della tenuta del cosiddetto «accordo» tra PLR, Centro e Lega, ha partorito un pessimo Preventivo 2024. Non tanto perché due delle tre forze politiche hanno picconato (con alterno successo) le misure sortite da quel Governo nel quale sono rappresentate (la Lega addirittura doppiamente presente), quanto piuttosto perché l’Esecutivo, nella sua imperfezione, illusione e in parte peccando d’ingenuità, aveva creduto che restando sostanzialmente immobile sul finire della passata legislatura, avrebbe risolto tutto con la bacchetta magica nel primo anno del quadriennio iniziato nell’aprile di un anno fa. È inutile e sarebbe ipocrisia pura girarci attorno: il Consiglio di Stato ha agito in maniera contabile senza considerare le necessità e gli umori emersi in maniera evidente dai movimenti di piazza.
Mentre il Parlamento non ha fatto i compiti, agendo con la spugna (cancellare e abbattere è facile) senza prendere in mano il gesso (per assumersi fattivamente le sue responsabilità). Così il disavanzo che era pari a -95,7 milioni di franchi secondo la rotta governativa, è sprofondato a -130,8 milioni (+35,1 milioni) sfiorando di poco (alla soglia dei -132,7 milioni) il freno ai disavanzi che avrebbe portato all’automatismo dell’aumento delle imposte. Complimenti cari politici d’ogni colore. Piaccia o non piaccia il popolo ha avvallato un decreto che doveva spingere chi di dovere e risparmiare e a raggiungere il pareggio dei conti nel 2025 e invece ci ritroviamo ad un passo dal baratro. Il voto di ieri suona già come una condanna per il domani, che non è lontano, si tratta dell’anno prossimo.
Di fronte a una situazione critica delle finanze si può anche non credere alle cifre esposte dall’Esecutivo, ma occorre dimostrarne il travisamento con fatti puntuali, non adottando la fin troppo facile tattica declamatoria del «piove, Governo ladro» o facendo finta che i soldi che spende lo Stato pesino meno di quelli che ha in tasca il cittadino. Il debito è debito e veicolare la teoria secondo cui, non ci sarebbero problemi, che qualcuno provvederà e che di debiti non è mai morto o ha sofferto nessuno, non appartiene alla nostra cultura, alla nostra democrazia e al sistema svizzero. Vale, ancora una volta la pena ricordare la prontezza d’intervento nell’emergenza pandemica che abbiamo avuto noi, mentre altri arrancavano. Vien da dire che il passato non ci ha insegnato nulla e che si tende più a badare ai sogni che alla realtà. In men che non si dica occorrerà pensare ai conti del prossimo anno, lo dovrà fare il Consiglio di Stato e, a parole, è passato il concetto che il Legislativo chiede di essere informato e coinvolto sul processo che porta al Preventivo. Sinceramente fatichiamo ad immaginare collaborative due entità tanto diverse, sorrette da logiche antitetiche. La concordanza da una parte e la frammentazione con frecciatine anche tra partiti che dovrebbero andare a braccetto, come PLR-Centro e Lega-UDC, rendono complicata la miscela. È un po’ come mischiare acqua e olio. È vero che ora è stato accolto un «decreto legislativo per la revisione della spesa dello Stato», ma l’esperienza dell’ultimo famoso «decreto Morisoli» ci induce a diffidare e a non farci troppe illusioni. Se l’operazione dovesse andare in porto, ma in maniera inequivocabile, i 95 in carica oggi (consiglieri di Stato e parlamentari), meriteranno un premio e una menzione particolare nella storia politica del nostro Cantone. Ma per ora, calma: «Non dire gatto se non ce l’hai nel sacco». In ogni caso, sforzandoci di essere ottimisti, va riconosciuto che questo esercizio non sarà semplice e difficilmente potrà dare una mano nell’immediato futuro. L’imperfetto Governo aveva avvisato il Parlamento pasticcione e facilone che non sarebbe bastata una manovra sul 2024, ma che questa sarebbe stata l’antipasto, in vista di qualcosa di più corposo.
C’è poco da gioire e da darsi compiacenti pacche sulle spalle. Il pasticcio è servito: l’esercizio per il 2025 partirà non con l’acqua alla gola, ma a 35,1 milioni di profondità in più del previsto. Questa non è responsabilità, è tutto un inganno. Ovviamente il fronte rosso-verde e i sindacati non credono ai propri occhi e (a ragione dal loro punto di vista) considerano il momento propizio per picchiare il ferro caldo per modellarlo a piacimento. Così dalle manifestazioni di piazza si passerà in men che non si dica allo sciopero. Si tratta di una misura grave ed estrema che rischia di esacerbare ulteriormente il clima e di portare ulteriore confusione in Ticino. Ma se questo avviene è perché nella politica liquida del giorno d’oggi si stentano ad individuare ruoli e posizioni dei partiti che occupano lo spazio al centro e a destra. Ahinoi, ci rendiamo conto che chiedere chiarezza in politica ai giorni nostri è davvero un’illusione. D’altronde quando c’è un leghista che dice che i tre partiti sostenitori dei conti «hanno fatto quadrato», significa davvero aver perso la bussola.