L'editoriale

Decenni di inutili discorsi sulla neve

Già nel 2008 era stato detto che, in virtù dei cambiamenti climatici, in Ticino nessuna stazione invernale avrebbe più avuto possibilità di sopravvivenza, se non (al limite) Airolo
Bruno Costantini
11.01.2023 06:00

Nel suo discorso di inizio anno il sindaco di Chiasso Bruno Arrigoni, sollecitando l’avvio del processo aggregativo del Basso Mendrisiotto che porti alla votazione popolare, ha giustamente detto basta a «pre-studi, pre-approfondimenti, workshop». Insomma, si agisca e la si smetta di produrre carta inutile. Il ragionamento di Arrigoni ci porta ad andare oltre alla specifica questione e a constatare che in questo Paese di carta superflua se ne produce troppa, anche quando, paradossalmente, l’esercizio di approfondimento è utile ma non gradito alla maggioranza politica. Che è un problema nel problema. Di esempi, negli anni, ve ne sono stati tanti. Uno, non fondamentale per le sorti della Repubblica ma esemplare e di attualità, riguarda lo sgomento sul futuro delle stazioni invernali senza neve. Sai che scoperta. Nel 2008 il rapporto di Grischconsulta commissionato dal Governo dopo vagonate di milioni di franchi pompati negli impianti di risalita ed episodi di sussidiamenti alla carlona (tanto veniva tutto dal magico annaffiatoio della LIM, la Legge per gli investimenti nelle regioni di montagna poi sostituita dalla Nuova politica regionale), diceva chiaramente che, in virtù dei cambiamenti climatici e di situazioni societarie e di mercato già strutturalmente fragili, in Ticino nessuna stazione invernale avrebbe più avuto possibilità di sopravvivenza, se non, al limite, quella di Airolo. Quello era un rapporto serio che dava un indirizzo, non un pre-studio o un workshop. Risultato? Quindici anni dopo siamo ancora qui a dire e sentire le stesse cose, a porci gli stessi interrogativi, a immaginare cerotti su gambe di legno. «Alle Jahre wieder», ogni anno la medesima solfa senza che nulla cambi, era l’immancabile incipit degli interventi parlamentari di Flavio Maspoli quando si discutevano i conti dello Stato. Già nel 2003, cioè vent’anni fa, l’Istituto di ricerche economiche aveva messo in luce i problemi cronici degli impianti di risalita, mentre nel 2004 Governo e Parlamento con il messaggio per la riconversione del Tamaro tentarono di dare una svolta all’intero settore diventato un pozzo senza fondo. Il rapporto di Grischconsulta di quattro anni dopo avrebbe dovuto essere un passo politico ulteriore per concretizzare questa svolta, ma la prevedibile mezza rivolta scatenatasi nel Paese, con tanto di Milizie bleniesi scese a marciare su Palazzo delle Orsoline (ovviamente folclore rispetto ai bolsonaristi di Brasilia e ai trumpisti di Capitol Hill) e con il tentativo di screditare i periti di Grischconsulta, diede subito la misura degli umori parlamentari e delle difficoltà nell’attuare un cambiamento. Si sa che le sensibilità politiche regionali significano voti, che possono fioccare più della neve. Così dal 2009 il Consiglio di Stato, per tener conto di queste sensibilità, per garantire un’offerta a giovani e famiglie e per sostenere l’economia locale con l’indotto derivante dall’attività sciistica, ha creato come ingegnosa via di mezzo i crediti quadriennali per la manutenzione degli impianti di Airolo, Bosco Gurin, Campo Blenio, Carì e Nara. L’ultimo di 5,6 milioni di franchi è stato votato dal Parlamento nel 2021 con una condizione che sarà verificata dopo il primo biennio: che le società collaborino maggiormente fra loro, cambino l’approccio gestionale e sviluppino progetti per destagionalizzare l’offerta. Anche queste cose le avevamo già sentite e immaginiamo che per il secondo biennio ci sia già la soluzione per non scontentare nessuno. Certo, non parliamo più delle cifre stratosferiche di un tempo e capiamo che il riorientamento non sia sempre facile, ma qualcosa ci sfugge se dopo vent’anni di discussioni e approfondimenti siamo sempre qui a ripeterci le stesse domande. Come uscirne? Commissionando un nuovo studio con mandato a qualche centro di competenza (che se non esiste s’inventa).