L'editoriale

Destra e sinistra, due alleanze due stili

Com’è possibile presentare agli elettori una lista unitaria e coniare due slogan che entrano in rotta di collisione? Com’è possibile non immaginare una campagna cartellonistica con tutti e cinque i contendenti al Governo?
Gianni Righinetti
09.03.2023 06:00

Da una parte, a sinistra, si lanciano petali di rosa per suggellare un’intesa mielosa, dal finale già scritto, che non suscita interesse e dibattito né all’interno e tantomeno all’esterno. Dall’altra parte, a destra, sembra di vivere La guerra dei Roses ormai da mesi con leghisti e democentristi che hanno sì sottoscritto un accordo elettorale, ma che non si sono mai capiti, mai intesi e mai hanno avuto la volontà di trasformare quella sofferta firma in un’azione politico elettorale davvero unitaria, facendo trasparire unicamente un interesse particolare e non generale. Settimana dopo settimana la tensione è cresciuta, dapprima con provocazioni, poi con attacchi, arrivando poi al lancio dei piatti e finanche a qualche colpo basso. Per litigare occorre essere almeno in due, non avrebbe pertanto alcun senso chiedersi chi ha iniziato e chi ha fomentato. Sta di fatto che i rispettivi comitati e assemblea l’accordo lo hanno voluto e sottoscritto tra metà ottobre e metà novembre, mentre l’idea UDC di partire all’attacco della tassa di collegamento data giugno 2022. Ai due partiti non si può rimproverare di avere fatto le cose di nascosto, ma di non aver mai chiarito il rispettivo ruolo nella corsa al Governo. D’altronde a descrivere grottescamente questa alleanza sono i rispettivi slogan: «Cambiamo ora» dice l’UDC, «Continuità» ribatte la Lega. Non fosse per i toni che si stanno pericolosamente alzando nelle ultime settimane, questa storia sarebbe da descrivere come «cabaret della politica», degna più di fare sorridere con disarmante arrendevolezza che di portare ad unire l’elettorato, facendolo convergere in un messaggio unico. Convinto e convincente. Ora siamo alla rissa nella casa della destra politica tra due forze che con l’atteggiamento dei rispettivi vertici hanno solamente diviso, mentre la sfida sarebbe stata di fare quadrato, rispettando le reciproche diversità di vedute. A fare litigare non sono poi i temi della scialba campagna ormai agli sgoccioli, ma la volontà di essere uno più virile dell’altro e l’incapacità di riconoscere di aver commesso degli errori, l’umiltà di rimettersi al tavolo, per poi ripartire. Com’è possibile presentare agli elettori una lista unitaria e coniare due slogan che entrano in rotta di collisione? Com’è possibile non immaginare una campagna cartellonistica con tutti e cinque i contendenti al Governo? Lega e UDC si sono dimostrati incapaci di trovare una sorta di «gentlemen agreement» in quelli che sono i passi formali che forze politiche chiamate ad unirsi, volenti o nolenti, devono compiere. I due partiti che si vantano di essere espressione popolare e vicini ai cittadini, non hanno saputo organizzare almeno una festa unitaria per le rispettive basi elettorali che oggi, per la sciagurata deriva sotto gli occhi di tutti, si guardano in cagnesco e vorrebbero fortemente potere dividere quella scheda che li condanna a correre assieme. Ma senza la quale la destra rischierebbe una pesante sconfitta: un solo consigliere di Stato con la mostrina della Lega e il secondo a casa (va ricordato che la Lega nel 2019 ha confermato la sua coppia grazie all’apporto dell’UDC). Quando non ci si parla, non ci si incontra per mesi, si rifiutano le occasioni di confronto proposte dai media, ci si intestardisce sulle proprie convinzioni, si considerano nemici (o peggio) gli alleati e si sfruttano le domeniche a base di risotto e luganiga per sparare bordate distruttive, non si può attendere il miracolo dell’intesa.

A sinistra, per contro, tutto va secondo programma per l’Esecutivo, mentre deve preoccupare la potenziale sterilità dell’unione rossoverde, che guarda certamente al futuro, ma deve già raccogliere qualche frutto oggi. Dal sondaggio della RSI esce a saldo zero o lievemente negativo in quanto a forze in Parlamento su liste indipendenti, ma concepite per sfruttare il traino unitario voluto per il Governo.

Per ora si può dire che, in quanto a stile, Lega-UDC sono da bocciare, PS-Verdi da promuovere. Ma, in fondo, l’esperienza insegna che in politica gli umori cambiano in fretta e il 2 aprile potremmo già assistere ad abbracci all’insegna dello «scurdammoce ’o passato». Il solo aspetto che ci rende sereni è che l’ultima parola l’hanno sempre e comunque gli elettori.