L'editoriale

È arrivato il conto, urgono riforme

La terza stangata consecutiva sui premi di cassa malati farà male e peserà su molti bilanci familiari
Giovanni Galli
27.09.2024 06:00

La terza stangata consecutiva sui premi di cassa malati farà male e peserà su molti bilanci familiari. Ad avvertirla saranno soprattutto le famiglie del ceto medio che non hanno accesso, o solo in misura limitata, ai sussidi. In Ticino, per un nucleo di quattro persone con due figli minorenni, l’aggravio calcolato sul premio medio sarà di quasi 1.500 franchi all’anno, un importo che va ad aggiungersi a quelli cospicui del 2023 (quando l’aumento era stato del 9,2%) e di quest’anno (+10,5%). Per chi ha figli agli studi fra i 18 e i 25 anni il conto sarà ancora più salato. Questa impennata era stata ampiamente preannunciata, alla luce dei continui aumenti dei costi sanitari, registrati in particolare nella seconda metà dell’anno scorso e nei primi sette mesi del 2024. Una tendenza che si farà sentire anche l’anno prossimo e che è all’origine del forte aumento dei premi. Certo, ci sono due fattori contingenti, come l’impatto dei rincari, che rispetto ad altri settori si fanno sentire con qualche ritardo nella sanità e il bisogno di recupero per le minori entrate patite dagli assicuratori a causa dei cambiamenti di cassa e/o della scelta di franchigie più elevate fatti dagli assicurati dopo l’annuncio dei premi del 2024. È un po’ paradossale ma è così. Il grosso, però, riguarda i costi del sistema sanitario, sospinti dall’invecchiamento della popolazione, dai progressi della medicina e dal sempre maggiore consumo di prestazioni. A ogni pubblicazione dei premi l’indice accusatore viene puntato contro le casse malati, che possono piacere o non piacere e anche risultare arroganti, ma che fondamentalmente fungono da intermediari fra i fornitori di prestazioni e chi ne usufruisce. In Ticino questi costi sono parecchio sopra la media: nel 2023, quelli pro capite sono aumentati del 7,5%, nel resto del Paese del 4,6%. Secondo Santésuisse, i costi risultano superiori alla media nazionale in quasi tutti i settori: 22% in più per i medici, 10% in più per l’ambulatoriale ospedaliero, 6% in più per il settore stazionario e 13% in più per i medicamenti. Per i fisioterapisti e le cure di lunga durata la differenza è ancora più elevata. In termini di spesa annuale pro-capite, il Ticino (dati 2023), con 5.557 franchi, è secondo solo a Ginevra con 5.581. Ogni anno arriva il conto. Non si scappa. Più ci si cura in un sistema sanitario di qualità capillarmente diffuso (ospedali, studi medici, farmacie), più si spende. E qui la responsabilità è di tutti, assicurati compresi. 

Il problema di fondo però, e questo riguarda tutto il Paese, non è solo la componente inevitabile dell’aumento dei costi (demografia, progresso medico) ma il fatto che la politica non riesce a tenere l’evoluzione dei costi sotto controllo, essendo spesso bloccata dai veti incrociati delle sue lobby, dai continui scaricabarile e da conflitti fra livelli istituzionali. Le resistenze ai cambiamenti sono forti e gli incentivi negativi duri da eliminare. Il sistema, prove alla mano, è allergico alle rivoluzioni e preferisce le riforme. E qui, al di là degli interventi governativi che hanno consentito alcuni risparmi, c’è qualche raggio di luce. La votazione del 24 novembre sul finanziamento uniforme delle prestazioni ambulatoriali e ospedaliere (Efas) sarà un’occasione per testare la disponibilità ad accettare un progetto concreto di contenimento dei costi e di reindirizzamento della sanità. Le premesse politiche però non sono buone, sia perché la riforma avrà come avversari i sindacati con il vento in poppa, sia perché il PS e l’UDC – che in aula erano a maggioranza favorevoli – sono divisi. C’è poi il nuovo tariffario ambulatoriale Tardoc, abbinato alle tariffe forfettarie per paziente, che dovrebbe entrare in vigore nel 2026. Ovviamente tutto questo non basterà. Bisognerà anche intervenire continuamente per ridurre i prezzi dei medicamenti e delle analisi di laboratorio, mettere in atto una vera pianificazione ospedaliera regionale (in Svizzera ci sono quasi 280 ospedali), ridurre la burocrazia, frenare l’ampliamento del catalogo delle prestazioni nell’assicurazione di base e prevedere l’introduzione di nuovi modelli assicurativi.

Ieri, intanto, dai Cantoni romandi e dal Ticino è stata fatta una proposta forte. In buona sostanza si chiede a Berna di analizzare la possibilità di trovare per la quarta età, dove si concentrano molti costi, un finanziamento esterno alla LAMal. Le implicazioni sarebbero molte, ma in futuro un dibattito su questo tema sarà sempre più inaggirabile.