Errori strategici, gregari e arrocchi

Si è aperta una settimana interessante per la corsa al Consiglio federale. Oggi il «senatore» socialista zurighese Daniel Jositsch comunicherà se intende candidarsi alla successione di Simonetta Sommaruga, mettendosi eventualmente in rotta di collisione con la direzione del suo partito, che sin dall’inizio ha detto di voler presentare un ticket esclusivamente femminile. Ieri sera, l’ex consigliera agli Stati argoviese Pascale Bruderer ha fatto sapere che non sarà della partita il prossimo 7 dicembre. Dal canto suo, la commissione cerca dell’UDC renderà note venerdì le sue decisioni sulle candidature da sottoporre al gruppo parlamentare per il seggio di Ueli Maurer. Ma in attesa che si definisca il quadro dei concorrenti per occupare i posti vacanti in Governo, ci sono almeno tre aspetti collaterali che meritano attenzione.
Il primo è la rinuncia dei Verdi di andare all’attacco del seggio socialista. Dopo il fallito assalto a Cassis nel 2019, l’inattesa uscita di scena di Sommaruga ha fornito agli ecologisti un’occasione d’oro per entrare in Governo e dare un seguito al loro successo elettorale. Il patto di non aggressione (fino al 2023) con il PS, che i Verdi si sono subito premurati di onorare, rischia di rivelarsi un errore strategico rispetto alle loro ambizioni. Per avere serie chance di entrare un domani in Consiglio federale, servono due condizioni: confermare il risultato elettorale del 2019 e sperare che fra un anno ci sia un altro posto vacante. Gli ultimi sondaggi elettorali, tuttavia, convergono sul fatto che i Verdi sono in perdita di velocità, mentre il loro principale obiettivo, il PLR, sta guadagnando terreno e si avvicina al PS, in lieve calo. Quanto al posto vacante, ora come ora è altamente improbabile. Usciti di scena i due consiglieri di più lunga militanza, si può presumere che tutti gli altri, Berset compreso, si terranno stretti la poltrona. Gli eventuali buoni risultati elettorali potrebbero non essere sufficienti. Per spodestare un(a) consigliere federale servono soprattutto i numeri in aula. Sabato scorso, il presidente del Centro Gerhard Pfister ha ribadito sull’Aargauer Zeitung che il suo gruppo non sosterrà attacchi a membri del Governo in carica. I Verdi, che oggi considerano la loro entrata in Governo solo nel quadro di un rafforzamento della sinistra (2+1), senza altri appoggi non potranno andare lontano e dovranno accontentarsi di una prospettiva di medio termine. Il problema è che con i rapporti di forza di oggi la sinistra non ha i numeri per ambire a tre seggi e che l’unica via a disposizione degli ecologisti per entrare in Governo è quella di strappare un seggio ai socialisti. Fintanto che resteranno un partito gregario del PS e non si decideranno a sganciarsi completamente dalla sua orbita, il loro grande passo rischia di restare un’illusione. L’UDC, nella sua lunga marcia verso il raddoppio, conseguito nel 2003, aveva avuto un approccio più risoluto e non si era preoccupata di pestare i piedi a nessuno.
Il secondo elemento riguarda il PS, che ha circoscritto il campo dei concorrenti per la successione di Sommaruga alle sole donne. Una decisione affrettata (anche qui c’è chi parla di errore strategico), a rischio «boomerang», e che oltre a creare malcontento all’interno ha attirato al vertice del partito accuse di discriminazione, non da ultimo da parte dello stesso Daniel Jositsch, un esponente moderato che per aspirazioni, percorso politico e provenienza, sarebbe un serio pretendente al secondo seggio socialista. Un’eventuale «candidatura selvaggia» da parte del consigliere agli Stati zurighese rischierebbe di scompigliare le carte in tavola e di scaldare il clima interno. I due co-presidenti del partito, Mattea Meyer e Cédric Wermuth, hanno dovuto rintuzzare le obiezioni sulla stampa domenicale, dicendo che in ogni caso spetterà al gruppo parlamentare decidere se adottare o meno un ticket solo femminile. La situazione è comunque un po’ paradossale, perché il PS, dopo aver preteso in passato da altri partiti che dovevano sostituire i loro rappresentanti in Governo la possibilità di scegliere, con questo approccio la limita.
In terzo luogo, la partenza di due consiglieri federali riapre i giochi per gli avvicendamenti ai vertici dei dipartimenti, una volta completata la squadra. È una competenza esclusiva del Governo, ma è bene che se ne parli. Non è un mistero per nessuno che l’ultima ripartizione, nel 2018, non fu gradita a tutti. Al netto delle speculazioni, che sono già cominciate, questi «arrocchi» a cui in diversi aspirano, potrebbero rappresentare una chance per ridare slancio alla compagine governativa e rafforzarne la collaborazione in un’ottica collegiale. A condizione, ben inteso, che stavolta gli incarichi siano sorretti da un ampio consenso interno.