Fuoco alle polveri sul voto di pancia

Dopo lo scontato annuncio dell’aumento dei premi di cassa malati per il 2026, con il preoccupante record ticinese e Berna che ha fissato l’asticella al +7,1%, non si può che guardare al voto di domenica all’insegna della realpolitik della piazza, facendo per un momento astrazione da quella della stanza governativa. La rotta del voto pare essere tracciata e si preannuncia come quella che potremmo descrivere come una «tempesta perfetta». Gli ingredienti ci sono: due proposte sul tavolo che raccolgono l’adesione dei fronti opposti, raddoppiando in sostanza l’effetto dirompente su quella che è la linea della ragione con due no nell’urna che, per coerenza e senza rincorrere per opportunismo le sirene della facile indignazione, da queste colonne continuiamo a sostenere come la via più logica e ragionevole. Pur comprendendo, e non biasimando impartendo manfrine moralisteggianti, chi, esasperato, ma poco incline a rivedere le proprie care abitudini sanitarie (le necessità, quelle vere, nessuno le mette in discussione e meritano assoluto rispetto), propenderà per un doppio sì. Quello all’iniziativa del PS che ci costerà 300 milioni di franchi e quello alla ricetta leghista che vale 100 milioni. Intanto in Ticino siamo alla quarta stangata consecutiva con il premio mensile che ha raggiunto livelli esorbitanti (dopo un +9,2% nel 2023, un +10% nel 2024 e un +10,5% nel 2025), il grido sguaiato di tutti, compresi gli attori protagonisti del mondo sanitario all’insegna del «piove, Governo ladro!» e l’assenza totale di autocritica sull’unico dato incontrovertibile: quello che viene descritto come l’aumento esponenziale dei premi, è la logica e disarmante conseguenza dell’impennata dei costi da noi generati.
Leggiamo ovunque le grida di scandalo per premi «inaccettabili», ma il termine corretto è che generiamo costi sanitari «insostenibili». Siamo di fronte al più esasperante «populismo finanziario», come descritto lucidamente dal consigliere agli Stati Fabio Regazzi e il premio delle casse malati è l’appiglio più comodo, facile e popolare per esercitare questa insana manovra a tenaglia, da sinistra e da destra. Una morsa che ci schiaccerà tutti, ci spremerà oltremodo senza risolvere un bel niente e lasciando che i premi di cassa malati diventino di anno in anno il nostro incubo peggiore. E nel frattempo, sull’onda del possibile sì alle due iniziative sul tavolo, unitamente ad un atteggiamento pavido sul fronte del risanamento delle finanze cantonali, pure interessato dal populismo descritto, continueremo a pagare l’inverosimile per tenere in piedi un sistema-Paese che non ci possiamo più permettere. Ma il termine «sacrificio» è stato stralciato dal vocabolario cantonale. Intanto, in attesa che il Consiglio di Stato prenda atto della possibile volontà popolare che farebbe esplodere oltremodo la posta dei sussidi di cassa malati, c’è un Cantone che la regola del 10% l’ha adottata, ma che ieri ha annunciato lacrime e sangue in vista del Preventivo 2026. Si tratta del Canton Vaud, il terzo cantone più grande della Svizzera (850.000 residenti) che, confrontato con un deficit di 331 milioni, ha annunciato tagli per 305 milioni a fronte di un debito pubblico che si attesterà a 600 milioni. Il tetto del 10% ne ha fatto uno dei paradisi per gli assicurati LAMAL, ma oggi il conto si sta facendo esorbitante e si tirano i remi in barca. Vaud arriva da anni di abbondanza, ma ora corre responsabilmente ai ripari. In Ticino, con un deficit sui 100 milioni, una popolazione residente di 350.000 persone e un debito pubblico che veleggia verso i 3 miliardi di franchi, ci dilaniamo anche sul minimo sacrificio.
Attendiamo domenica, vedremo i risultati, ma sin d’ora interroghiamoci su come si potrebbe immaginare la messa in vigore della regola del 10% e la deduzione fiscale della Lega tra tagli che verranno combattuti e il massiccio aumento delle imposte prospettato che difficilmente troverà l’avallo in Parlamento per mettere le mani nelle tasche dei cittadini. E, dulcis in fundo, l’impossibilità di implementare le iniziative con i conti già disastrati e il superamento dell’asticella del freno ai disavanzi che renderebbe «illegale» il bilancio. Lo scenario del sì o doppio sì non è per nulla rallegrante, come non lo è ovviamente il caro premio di cassa malati per i ticinesi e le famiglie, ma non si cura un problema strutturale rendendo una misura come il sussidio RIPAM la panacea per tutti i mali per una sanità che noi rendiamo elefantiaca e sanguisuga. Prepariamoci all’impasse e al gran caos con un Paese bloccato senza più una prospettiva di progettualità e possibilità di investire, anche per i Comuni. A chi gioverebbe? Alle forze e ai fan che sognano la disubbidienza civile, concetto lontano dalla realtà elvetica e che noi speriamo non ci contagi. I premi hanno favorito il voto di pancia per domenica. Ma noi restiamo fedeli alla ragione. Non si vive di sogni e non si campa di aria fresca.

