Giganti del web alla cassa, era ora

Il Consiglio federale si è finalmente chinato sulla non trascurabile questione dell’utilizzo da parte dei colossi del web di anteprime di articoli e fotografie prelevate direttamente, senza alcun compenso né economico né di altra natura, da tutte quelle testate giornalistiche che, con professionalità, passione e un largo impiego di risorse proprie, ogni giorno svolgono il proprio lavoro fornendo ai lettori notizie di prima o di primissima mano. Il CF, nello specifico, ha trasmesso nei giorni scorsi al Parlamento un disegno di legge che tenta di sanare questa annosa situazione che, di fatto, ricorda molto da vicino un saccheggio indiscriminato di contenuti.
Ma facciamo un passo indietro, per spiegarci meglio. Da oltre due decenni i media tradizionali – cioè i più preziosi per la democrazia elvetica, poiché i più radicati sul territorio – stanno attraversando la crisi più grave della loro storia. In cima alla lista, ça va sans dire, c’è la carta stampata. Specialmente il settore dei giornali è quello che ancora oggi sta soffrendo di più, tra chiusure, ristrutturazioni, tagli di posti di lavoro, scarsa collaborazione da parte della Posta e soprattutto drastico calo della pubblicità. Quest’ultima drenata senza scrupoli dai colossi del web stranieri verso le grandi piattaforme on line che di vero giornalismo, ormai, offrono poco o nulla.
Già prima della pandemia, mentre stavano terminando di spolpare l’osso della pubblicità, i giganti digitali avevano iniziato a condurre un secondo attacco ancora più micidiale per le testate cartacee: diretto, questa volta, ai contenuti stessi. Vale a dire al cuore pulsante del giornalismo stampato, ciò per cui gli abbonati pagano volentieri ancora oggi.
E così, senza nessun freno legale, le anteprime, e spesso anche molto di più, di inchieste, articoli, analisi, commenti e fotografie pubblicate sui media tradizionali sono finite in pasto ai motori di ricerca, ai social media e alle piattaforme multimediali, che hanno visto, grazie all’incredibile surplus di traffico generato da questi contenuti e dai dibattiti intorno ad essi, aumentare di molto i propri introiti. E nulla hanno dato in cambio.
Il disegno di legge del Consiglio federale – in ritardo di anni su iniziative estere simili, ad esempio la Direttiva sul diritto d’autore nel mercato unico digitale adottata dal Parlamento UE nel 2019 e messa in vigore dagli Stati membri un biennio dopo – propone che in futuro i colossi digitali versino agli editori elvetici un compenso per l’utilizzo delle anteprime, o degli «snippet», come vengono chiamati in gergo.
Ma attenzione: dovrebbero pagare solo quelle piattaforme con un numero annuo medio di utenti pari ad almeno il 10% della popolazione svizzera. Non sono molte. A occhio, potremmo includere Youtube, Facebook, Instagram. Forse LinkedIn e TikTok. In altre parole, considerando anche le percentuali esigue che alla fine, in altri Paesi, sono scaturite da leggi simili riguardo la protezione affine per i media, agli editori elvetici resteranno meno che le briciole. Per tacer del fatto che dal disegno di legge è esclusa l’Intelligenza Artificiale, sempre più famelica, o meglio cleptomane, di contenuti altrui. Un problema affrontato da un’altra mozione che il CF ha proposto di accogliere, ma la strada, anche qui, è in salita.
Di positivo c’è che Berna si sta accorgendo sempre di più che i media giornalistici nazionali sono sotto un deliberato attacco commerciale da parte dei colossi digitali stranieri. E che se non si pone mano con rapidità e con leggi rigorose a queste pratiche da Far West, i nostri media finiranno definitivamente – ci sia permesso – cornuti e mazziati. Per tacere, sul medio e lungo termine, della fine che farà il pluralismo.
Anche in Ticino ci sono segnali di questa consapevolezza. A settembre in Gran Consiglio si discuterà, e c’è da scommettere con toni accesi, sulla possibilità di destinare un aiuto ai media locali e in particolare alla stampa scritta. Sul tavolo non c’è nessuna proposta di un sostegno diretto ma solo una serie di misure, peraltro poco costose, per creare un ambiente editoriale favorevole a portare l’informazione di qualità soprattutto ai giovani lettori di oggi e di domani. Giusto per non lasciare ai social media le redini della nostra democrazia. Vedremo se la politica affronterà questo dibattito con serena obiettività.