I dilemmi di destra, sinistra e centro

La testa di chi sta alla testa delle forze politiche guarda al domani e il giorno che verrà fa già rima con «elezioni cantonali». Da oggi ad allora a tenere banco saranno le strategie tra i partiti, gli equilibri all’interno degli stessi, i nomi da schierare, i duelli che (volenti o nolenti) non mancano mai e le alleanze. Per alleanze e duelli siamo già in una fase destinata a scaldarsi molto presto, con un mesetto di pausa nel pieno dell’estate, ma le decisioni non potranno attendere l’autunno inoltrato, anche se il PS (che per ora si muove con circospezione) ha fissato il suo congresso per la metà di novembre. Significa che prima di allora non si conoscerà cosa ne sarà della potenziale lista unica per il Consiglio di Stato con i Verdi (ed eventualmente altri alleati d’area) e non si conoscerà la cinquina che la sinistra intende schierare. Dubbi amletici che andranno sciolti per capire il rapporto di forza nella corsa alla poltrona che conta. I panni sporchi in seno al fronte rossoverde gli ecologisti luganesi hanno deciso di lavarli in pubblico, con le stroncanti critiche di Nicola Schönenberger nei confronti della municipale socialista Cristina Zanini Barzaghi. Il verde sul piede di partenza (lascerà il Ticino per motivi professionali) non è stato forse elegante, ma certamente sincero. Alla fine dirsi quello che si pensa può essere utile per ripartire o strappare definitivamente. Non è un segreto, i Verdi cullano il sogno di Greta Gysin in Governo. Il sogno degli uni è l’incubo degli altri, della sinistra pura e dura che sa bene che concedere la sola poltrona governativa di cui dispone agli alleati equivarrebbe a una sconfitta e chissà quando (e se) il PS avrà ancora un suo consigliere di Stato. Nel frattempo Manuele Bertoli osserva, non si sbilancia e gioca la carta del «mai dire mai». Sogni di gloria li culla anche Amalia Mirante, scesa in campo con larghissimo anticipo con un’operazione di autopromozione che non si era mai vista. A sinistra c’è intasamento, tanto più se anche l’ormai ex rettore dell’Università Boas Erez dovesse giocare la partita. Ha detto di aver ricevuto «una proposta», senza dichiarare bene da chi, ma lasciando intendere l’area del corteggiatore. Il tutto senza dimenticare che ci sono forze anche a sinistra del PS e dei Verdi: un tempo erano meteore, oggi qualche piccola galassia capace di catalizzare l’attenzione di prezioso elettorato esiste.
Il PLR, che nel 2019 voleva attaccare il seggio socialista dopo aver fallito nella riconquista di quello perso nel 2011 a vantaggio della Lega, difficilmente parlerà espressamente di «raddoppio». Se non altro per una questione scaramantica. D’altronde Alessandro Speziali ha già l’occhio rivolto alle federali e a quello che vuole essere la sua missione, rimettere il PLR al Consiglio degli Stati, ma per avere qualche chance occorre un’intesa con il PPD di Fiorenzo Dadò: l’idea è di schierare come candidato d’area Alex Farinelli (oggi consigliere nazionale), ma in cambio Dadò chiede una congiunzione al centro per salvare la coppia popolare democratica alla Camera del popolo. È evidente che le strategie elettorali sono ampie e non si fermano alle cantonali, ma fanno l’occhiolino a Berna. Il problema, in questa fase, non sono tanto i possibili candidati, quanto i rapporti tesi e fin astiosi tra Speziali e Dadò che non perdono occasione per darsi frecciatine. La spaccatura sul «decreto Morisoli» non ha aiutato, ma la ruggine al centro c’è almeno da quando alle federali del 2019 l’alleanza ha scontentato l’elettorato, specie liberale radicale, e fatto indirettamente «vittime illustri» in entrambi gli schieramenti con l’uscita di scena del senatore Filippo Lombardi e del candidato alla Camera alta di quel Giovanni Merlini al quale non era stato dato il salvagente per tentare almeno di mantenere il Consiglio nazionale. C’è da chiedersi fino a quando PLR e PPD potranno permettersi di litigare.
Anche a destra non mancano le tensioni, non internamente a Lega e UDC, ma tra i due schieramenti, alle prese con il dilemma della formula magica per la composizione della lista e con il presidente cantonale Piero Marchesi che si è detto «stuzzicato» dalla corsa al Governo e intenzionato a lanciare un’iniziativa popolare per affossare la tassa di collegamento. Insomma se questo non è lanciare il guanto di sfida a Claudio Zali, cos’è? Il duello pare essere servito. La destra ha però un vantaggio e uno svantaggio: non ha concorrenti alla propria destra, ma deve guardare alle mosse del centro, con Speziali che ha una linea prossima a quella inaugurata nell’epoca della presidenza di Rocco Cattaneo. La differenza è che Cattaneo aveva saputo tessere intese con il PPD di Giovanni Jelmini e la Lega di Giuliano Bignasca. Quell’epoca oggi non sembra più replicabile. Prepariamoci allora a un «tutti contro tutti».