I socialisti, le liti e il rischio implosione

Dopo mesi di discussioni, tensioni e prove di forza, domenica spetterà al Congresso del Partito socialista scrivere la parola fine a una diatriba interna fattasi ormai stucchevole nei contenuti e fortemente astiosa nella forma. Agli iscritti al PS toccherà il compito di decidere se confermare l’indirizzo dato prima dalla direzione e poi avallato dalla Conferenza cantonale che, per le due candidature della lista rossoverde di stretta appartenenza socialista, ha costruito due calchi fatti su misura. Il primo per un giovane (identificato in Yannick Demaria) e il secondo per una candidatura d’esperienza (per la quale la direzione ha indicato Marina Carobbio). Per il vertice non ci sono altre strade percorribili o soluzioni valide. Ma il congresso verrà sollecitato da chi rifiuta i paletti troppo stretti a fare saltare il vincolo generazionale, allo scopo di giungere a una votazione più aperta. Oltre ai due profili citati, c’è quello di Amalia Mirante, terza incomoda per gli uni ed espressione di un socialismo più moderno per gli altri. Se l’operazione «riapertura dei giochi» riuscirà sarà votazione aperta, potenzialmente su tre nomi con i due più votati in lista per conquistare il seggio della sinistra in Governo. Se, per contro, il primo affondo degli «Amalia boys» (e di coloro che si esprimeranno contro la linea dei co-presidenti Laura Riget e Fabrizio Sirica) dovesse fallire, il giovane non avrebbe più ostacolo alcuno, mentre resterebbe aperto lo scenario del duello congressuale Carobbio-Mirante. Il tutto, ovviamente, salvo altri possibili colpi di scena da qui al prossimo weekend. Il PS non è nuovo a confronti dell’ultimo minuto per dare forma alla propria lista elettorale, ma stavolta non si tratta solo di completare, bensì di forgiare l’essenza della lista. Concretamente di spianare la strada a Carobbio o permettere una autentica scelta interna all’elettorato che vota a sinistra. Il mantra del partito è all’insegna del «rinnovamento» che in politica vuole dire tutto e nel contempo nulla. Spesso si tratta di una foglia di fico da usare in base a un solo criterio: la convenienza. Mirante è senz’altro una candidata ingombrante, una che non è perfettamente allineata con il credo del partito, ma rappresenta una parte dei socialisti. Su questo non c’è modo di nutrire alcun dubbio, altrimenti non si spiegherebbe perché nelle precedenti tornate elettorali, alle cantonali del 2015 e poi del 2019 figurava sulla lista del PS per il Governo. Si è ben capito che oggi il vertice non vuole la compagna Mirante che ha indubbiamente sbagliato l’approccio, sgomitando con larghissimo anticipo e annunciando che sarebbe andata fino al congresso per fare valere le sue ragioni. In direzione non può contare sui sostenitori e gli amici che invece ha Carobbio, alla quale il posto è stato tacitamente tenuto al caldo da Manuele Bertoli che ha dapprima ritrattato la sua idea di ricandidarsi (cosa che a Sirica non era piaciuta) fino a quando l’ecologista Greta Gysin ha rinunciato e Carobbio ha sciolto tutte le sue riserve. Tutto è lecito e legittimo, ancorché poco trasparente e che ora ha finito per cacciare il PS in una spiacevole situazione e l’appunto mosso dal fronte di Mirante, ma anche di coloro che tifano per un PS aperto, di aver voluto blindare la candidatura di Carobbio, non è invenzione. Poi, alla fine, varranno i voti del congresso e quella scelta andrà accettata. Il problema per i socialisti è tutto quanto accaduto fino ad oggi e le conseguenze del domani.
La situazione è complicata e incancrenita al punto che appare difficile rasserenare l’ambiente e il rischio di un post congresso movimentato non è fantascienza. L’autolesionismo messo in atto da tutti è persino paradossale e si è spinto fino ad oscurare la vera grande conquista, la storica alleanza rossoverde. Voluta dalla direzione e solo maldigerita dai sedicenti «socialdemocratici» che sostengono Mirante e che oggi su quella mossa dicono solo mezze verità. Quella lista unica era stata combattuta perché temevano fosse la pietra d’inciampo per la corsa alla candidatura della loro prediletta. La copresidenza, pur di vedere nascere l’alleanza rossoverde, ha concesso parità ai Verdi, riservando loro due posti e concordando che il quinto sarebbe andato ad un esponente della cosiddetta società civile (in corsa per quella casella c’è Boas Erez). Si tratta di un’anomalia, un’assurdità, ma il diktat ecologista è stato accolto senza battere ciglio. E l’esperienza insegna che, quando sei oggettivamente più forte ma concedi al più debole di prendere il coltello dalla parte del manico, poi diventa difficile fare valere il proprio ruolo. I consiglieri e i consigliati del PS sembrano aver sbagliato tutto, compresa la concessione di quella quinta casella. È davvero tutto assurdo: volere fortemente un’alleanza storica dando vita a un progetto innovativo per unire e trovarsi nel contempo a rischio implosione.