I temi e le idee per domani tra polenta e spezzatino

Tanti candidati, troppi partiti, poche idee. È l’amara constatazione a un mese dall’appuntamento con le urne per le elezioni cantonali. Quando partiti e movimenti avevano presentato le proprie liste con oltre 900 aspiranti a un seggio in Parlamento, ci eravamo illusi che il detto «tante teste, tante idee» avrebbe dato anima e corpo alla campagna. Invece così non è stato e difficilmente il tempo perso verrà recuperato nelle prossime settimane di fibrillazione da crocetta sulla scheda. A giorni prenderà il via la spedizione del materiale di voto e da quel momento sarà tutto solo all’insegna di sorrisi, santini e ricchi aperitivi. Ci vien da dire che è stata un’occasione perduta per guardare al domani con rinnovato entusiasmo e con il passare dei giorni la speranza che qualcosa cambiasse si è trasformata in una vera e propria illusione che qualche guizzo un po’ fuori dagli schemi contribuisse ad animare lo stantio dibattito cantonticinese. La classe politica, le segreterie dei partiti, ma pure i partitini di rottura, non sono stati in grado di generare dibattito. Così ha preso il sopravvento quel mantra secondo cui «non c’è campagna e non c’è dibattito». Con la scusa di comodo che le cose stavano così, tutti si sono ripiegati nel dirlo e sottolinearlo nell’intento di autoconvincersi che si trattasse di qualcosa di irreversibile. Un po’ per pigrizia e un po’ perché faceva comodo. È il destino di noi che viviamo nell’era della società (anche quella politica) sempre più liquida e sempre meno guidata da un po’ di sana (non esasperata) ideologia, che per anni è stata il sale della politica. Il lumicino della speranza ormai si è spento. Forse nelle prossime settimane assisteremo a qualche confronto o a reciproche sfuriate tra candidati avversari, ma dopo queste azioni-reazioni sul tavolo delle soluzioni rischia di rimanere ben poco.
Alla fine dei conti viene da chiedersi sulla base di che cosa gli elettori decideranno di votare. Azzardiamo una risposta: grazie a ciò che i partiti hanno fatto in passato, sulla base di ciò che erano nell’epoca in cui, oltre ai confronti accesi, c’era anche maggiore sostanza. Certo è che, di questo passo, ci si avvicina sempre più all’estinzione. E sarebbe davvero un peccato perché il sistema democratico poggia ancora su di loro che non sono entità perfette, ma certamente il migliore sistema che possiamo immaginare per la gestione della cosa pubblica nell’interesse di noi cittadini. Indipendentemente dal fatto che ci si trovi schierati a destra, a sinistra o al centro.
Il sondaggio pubblicato dalla RSI, senza sorpresa alcuna, mostra l’elezione di Marina Carobbio in Governo per il PS al posto di Manuele Bertoli e conferma poi il poker degli uscenti (Norman Gobbi, Claudio Zali, Christian Vitta e Raffaele De Rosa), ma stupisce il distacco in punti percentuali in casa Lega-UDC con Zali che sorpasserebbe di 10 punti percentuali il presidente democentrista. Dovesse finire come indicato in questa fotografia si potrebbe dire che in Governo si continuerà a rimestare la polenta come fatto fino ad oggi. Ma c’è un interrogativo stuzzicante (e che forse non lascerà tranquillo qualcuno dei quattro): che ruolo avrà Carobbio? «Alla Bertoli», che dal 2015, avendo perso la spalla di Laura Sadis, ha giocato la partita con il fronte borghese, talvolta ottenendo, altre volte concedendo? Oppure agirà in maniera pura e dura con l’atout di profilarsi ma con il limite di risvegliare l’orgoglio borghese degli altri quattro che si potrebbero chiudere a riccio e sbarrarle la strada a suon di maggioranze? Interrogativi che rimangono aperti e che danno un senso al trovarsi in questa scialba campagna in attesa del 2 aprile. Sempre il sondaggio citato presenta un Parlamento ancor più frammentato, con la possibilità che si passi da 9 a 11 partiti, con l’ingresso di altri due partitini. Lo spezzatino si sposa bene con la polenta, ma in questo caso l’inarrestabile scissione finirà per portare il Legislativo sulla soglia dell’ingovernabilità parlamentare. Tanti partiti risponderanno anche bene a chi non si ritrova in ciò che esiste, ma cerca ciò che dice di volersi distinguere. Poi ci si potrebbe interrogare a lungo sul fatto che sia davvero così nella realtà, come pure chiedersi qual è il ruolo di quei partiti che sono in grado di riunirsi in una cabina telefonica. La sola certezza è che non è immaginabile proseguire su questa strada, esasperando il sistema proporzionale e concedendo l’accesso al Gran Consiglio anche con un pugno di schede. L’ora del cambiamento elettorale sta per scoccare, ben venga davvero un sistema maggioritario pure in Ticino per farla finita con certe manie iperboliche e tornare davvero a pensare, produrre e agire nell’interesse dei cittadini e non del privato orticello formato balcone.