Il capitalismo sconvolto dalla rivoluzione tecnologica

Il lavoro nobilita l’uomo. È una massima attribuita allo scienziato inglese Charles Darwin, teorico dell’evoluzione della specie. Non ci sono prove che lo abbia veramente detto o scritto. È però un bel modo di dire entrato nel linguaggio comune che dà valore contemporaneamente all’umanità e al lavoro. È con quest’ultimo, inteso come compito, mansione, mestiere, professione e non solo come fonte di reddito che l’essere umano trova cittadinanza e sale addirittura di rango sociale.
La produzione di beni e servizi e la loro successiva distribuzione in un regime di libera concorrenza e quindi di libero mercato è ciò che caratterizza il sistema capitalistico. O dovrebbe. Il reddito prodotto in questo regime va a remunerare i due fattori principali della produzione: il capitale e il lavoro. Il primo non lo si intende solo come patrimonio finanziario investito in un settore specifico, ma anche come insieme di beni strumentali necessari allo scopo preposto. Il secondo fattore – il lavoro – può essere inteso sia come un’attività remunerata, sia come energia impiegata per ottenere un risultato oppure vera e propria fatica. Nel corso degli ultimi due secoli, semplificando molto e senza scomodare troppo Karl Marx, la lotta tra capitale e lavoro ha contraddistinto la storia sociale con conseguenze anche drammatiche.
L’innovazione tecnologica, in chiave di terzo fattore produttivo, è invece da sempre strettamente legata al progresso economico avendo influenzato l’aumento della produttività sia del capitale, sia del lavoro. Nel lungo termine le scoperte tecniche e scientifiche hanno sempre spinto in avanti il cammino dell’umanità. Negarlo è da folli. Non sempre però si è proceduto in modo lineare, netto e senza dolori. Anzi, il percorso è stato a volte molto accidentato tanto che si sono lasciati per strada morti e feriti per nulla metaforici. La prima rivoluzione industriale è l’esempio più lampante: dall’adozione del telaio meccanico su larga scala (moltiplicò per dieci la produzione di tessuti), ci volle circa un secolo per recuperare i livelli salariali e occupazionali pre-meccanizzazione con in mezzo l’acuirsi dello scontro sanguinario tra capitale e lavoro. Un’innovazione quando è veramente rivoluzionaria è distruttiva nel vero senso della parola e determina un prima e un dopo.
Il processo di digitalizzazione - compresi la robotizzazione e l’avvento dell’intelligenza artificiale - che stiamo vivendo negli ultimi due decenni e che caratterizza la cosiddetta quarta rivoluzione industriale, è inarrestabile ed è da ingenui immaginare di riuscire soltanto a rallentarla. Pensiamo a cosa sono diventati oggi l’editoria, il turismo e la finanza con la spinta della digitalizzazione. Le scelte di lettori, viaggiatori e investitori sono state cambiate per sempre e cavalcare il nuovo mondo è la sfida che devono per forza cogliere tutti gli imprenditori degni di questo nome. E questo è avvenuto da sempre, nulla di nuovo sotto il sole del progresso tecnologico. Se non che nel frattempo, proprio in questo ambito, si è imposto un monopolio riassumibile con l’acronimo di GAFAM dalle iniziali di Google, Amazon, Facebook, Apple e Microsoft. Difficilmente una qualunque iniziativa imprenditoriale del 21.mo secolo può sperare di avere successo senza pagare dazio a una di queste entità.
Secondo l’ex ministro greco delle finanze ai tempi ed economista eterodosso, Yanis Varoufakis, la tecnologia starebbe per uccidere la stessa essenza del capitalismo. Nel suo ultimo saggio, “Tecno feudalesimo – Cosa ha ucciso il capitalismo” per le edizioni La Nave di Teseo, secondo Varoufakis il modello di business delle GAFA non avrebbe più nulla a che fare con il capitalismo. Queste aziende non vivono più del plusvalore dei loro dipendenti e della produzione di beni. In questo senso il capitalismo si è evoluto, o meglio involuto, in un una sorta di feudalesimo medievale. I mercati e i profitti, afferma l’economista che è anche leader di un movimento politico transnazionale Diem25, son stati sostituiti da piattaforme online e rendite, come la percentuale che spetta per esempio ad Amazon, per ogni vendita. I primi sono una riedizione degli antichi feudi, le seconde i tributi che i vassalli corrispondevano ai loro feudatari. Sullo sfondo c’è l’avvento dell’intelligenza artificiale che permetterà un balzo della produttività tale che rischia concretamente di rendere vano molto di quel lavoro che nobilitava l’uomo, appunto.