Il dissidio su come pagare la 13. AVS
Dopo il voto popolare, si profila un secondo confronto serrato sulla 13. AVS: quello per il suo finanziamento, con un braccio di ferro in Parlamento sui tempi e sui modi. Di certo, finora, c’è solo che la tredicesima arriverà per tutti i pensionati a partire dal 2026, con ogni probabilità sotto forma di un versamento unico. Come e soprattutto da quando ci sarà anche un’adeguata copertura finanziaria - senza la quale il primo pilastro farebbe dei deficit - resta un punto di domanda. Il Consiglio federale si è attivato subito. Sul tappeto ci sono due varianti: una che prevede un aumento dei contributi a carico dei salariati e dei datori di lavoro, l’altra un aumento combinato dei contributi (leggermente inferiore) e dell’IVA. In questo secondo caso verrebbero chiamati alla cassa anche i consumatori, compresi i pensionati. Il Governo intende procedere speditamente, sottoponendo una proposta alle Camere già nella prossima sessione autunnale.
Un referendum (obbligatorio in caso di aumento dell’IVA) è da mettere in conto per l’anno venturo. Il piano piace alla sinistra ma non è affatto gradito a destra. Una risicata maggioranza della Commissione competente del Nazionale, composta da UDC, PLR e Verdi liberali, è contraria e vuole che la questione del finanziamento venga affrontata più avanti nel quadro della già programmata ampia riforma dell’AVS, da presentare entro la fine del 2026 in vista di un’attuazione dal 2030. L’obiettivo ufficiale è di trovare una soluzione duratura basata su misure strutturali, con le quali stabilizzare il primo pilastro nel prossimo decennio, compreso il maggior onere per la tredicesima. Politicamente siamo al paradosso perché nel giro di poche settimane i ruoli di destra e sinistra si sono capovolti. Prima della votazione popolare le forze borghesi contestavano la mancanza nell’iniziativa di una soluzione per il finanziamento della nuova mensilità; mentre la sinistra, mossa da evidenti ragioni di campagna, sosteneva che non c’era alcuna fretta e che per i primi anni la nuova rendita avrebbe potuto essere finanziata attingendo al Fondo AVS. La sinistra (anche il Centro è critico) ora accusa i tre partiti di essere cattivi perdenti e di voler indebolire di proposito l’AVS, in modo che un domani possa essere più facile far passare un aumento dell’età pensionabile come misura di stabilizzazione.
Nel frattempo si stanno affacciando soluzioni provvisorie. Il «senatore» del PLR Damian Müller, presidente della Commissione della sicurezza sociale degli Stati, critico con i suoi, ha detto che non c’è spazio per giochi tattici e che perdere tempo e accettare deficit sarebbe una grave negligenza nei confronti delle giovani generazioni. Di qui la proposta di finanziare in prevalenza la 13. con un aumento dell’IVA e al tempo stesso di limitare fino al 2029 sia questo aggravio sia il ridotto aumento dei prelievi sui salari. Da parte sua, il Consiglio federale si è detto favorevole alla proposta, presentata all’indomani della votazione dal consigliere nazionale del PLR Olivier Feller di ridurre il livello minimo del Fondo di compensazione, vale a dire del patrimonio del primo pilastro. Alla fine del 2022 il Fondo aveva in cassa 47 miliardi di franchi, un importo corrispondente al 98% delle uscite di un anno. Per legge, la sua dotazione deve coprire «di regola» la totalità delle spese per le rendite. Ma secondo Feller, l’attuale livello del 100% è «decisamente» troppo alto e si potrebbe immaginare una riduzione al 70%; un’operazione del resto non nuova già proposta vent’anni fa in occasione della 11. revisione dell’AVS, poi caduta in votazione. Questo consentirebbe di ricavare un importo di 14 miliardi, fino all’adozione di misure durature.
Ma chi ci guadagnerà e chi ci perderà se si andrà per le lunghe nel finanziamento della 13. AVS? Senza finanziamenti aggiuntivi, il Fondo è destinato a svuotarsi. Ma la vera fattura ricadrebbe sulle generazioni più giovani, mentre per quelle già in pensione o che si apprestano ad andarci non ci sarebbero oneri supplementari. Intanto la soluzione del finanziamento rischia di restare ostaggio delle contrapposizioni politiche. Il gioco della destra è rischioso. Se le future misure strutturali includessero un aumento dell’età pensionabile (anche se più flessibile rispetto all’iniziativa bocciata il 3 marzo) e venisse lanciato con successo un referendum, tutto cadrebbe e l’AVS si troverebbe con enormi disavanzi da colmare. La sinistra deve però assumersi anche le sue responsabilità dopo aver minimizzato la questione del finanziamento e aver ignorato gli avvertimenti della controparte. Intanto, la pressione per aumentare in qualche modo l’età di pensionamento finirà per salire. À suivre.