L'editoriale

Il futuro dell'UE andrebbe ripensato

All'Unione europea servono strutture più agili: nuovi Stati membri non agevolerebbero il processo decisionale
Osvaldo Migotto
08.09.2023 06:00

La scorsa settimana, parlando al Forum strategico di Bled, in Slovenia, il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha affermato che l’UE deve essere pronta ad un allargamento degli Stati membri entro il 2030 «se vuole rimanere credibile». L’impatto geopolitico della guerra d’aggressione di Mosca contro l’Ucraina ha spinto Bruxelles a riattivare la sua politica di allargamento dormiente. Michel si è rivolto ai leader di Albania, Bosnia-Erzegovina, Moldavia, Montenegro e Macedonia del Nord, ossia Paesi candidati ufficiali per l’adesione al Club dei Ventisette. A bussare alle porte dell’UE vi sono anche Ucraina e Moldova, per non parlare della Turchia, il cui presidente Erdogan ha recentemente cercato di barattare il sì di Ankara all’adesione della Svezia alla NATO con una riattivazione agevolata del processo di integrazione del suo Paese.

Ma l’Europa dei Ventisette sarebbe in grado di accogliere nuovi Stati membri? Nel novembre 1959, in un discorso a Strasburgo, l’allora presidente francese Charles de Gaulle espresse per la prima volta il concetto di un’Europa unita «dall’Atlantico fino agli Urali». Un sogno di collaborazione continentale che negli auspici del generale francese avrebbe dovuto portare pace e prosperità all’intero continente. Da allora però molte cose sono cambiate, il processo d’integrazione europea è proseguito tra alti e bassi, raggiungendo anche traguardi importanti, quali la creazione dell’euro e, più recentemente, l’istituzione di un fondo con il quale sostenere l’economia dei Paesi duramente colpiti dalla pandemia di coronavirus.

Tuttavia negli ultimi anni, complici le difficoltà economiche e il dilagare dei populismi, l’UE ha dovuto affrontare una serie di dure sfide che vanno dall’uscita del Regno Unito dal Club di Bruxelles allo scontro tra istituzioni europee e i Governi di Ungheria e Polonia che non rispettano più alcuni principi dello Stato di diritto. Per non parlare delle conseguenze drammatiche, umanitarie ed economiche, prodotte dall’invasione russa dell’Ucraina, o dei cambiamenti climatici che, oltre a spingere verso i confini europei un numero crescente di disperati, stanno causando gravissimi danni in diversi Stati dell’Unione.

Le sfide future per i Ventisette sono dunque molto impegnative, per questo la Commissione europea ha proposto di aggiornare il bilancio dell’UE fino al 2027 ritoccandolo verso l’alto di quasi 99 miliardi di euro. La Commissione chiede più soldi per il budget dell’Unione dato che dal 2020 molte cose sono cambiate, a cominciare dal conflitto in Ucraina. In un periodo di rallentamento congiunturale non sarà però facile trovare un’intesa su tale delicata questione.

Appare di difficile attuazione anche il nuovo allargamento entro il 2030 proposto da Charles Michel. Il presidente francese Macron ha recentemente ribadito che l’UE deve riformarsi prima di poter accogliere nuovi membri. In effetti già ora il processo decisionale all’interno del Club di Bruxelles è lungo e macchinoso, con diverse materie che richiedono il voto all’unanimità per adottare dei cambiamenti. Il futuro dell’Europa andrebbe dunque ripensato, con strutture più agili e processi decisionali più rapidi. Nuovi Stati membri non agevolerebbero il processo decisionale, sarebbe invece il caso di prendere in considerazione altre forme di associazione, con Paesi che, pur non aderendo al Club di Bruxelles, potrebbero usufruire della libera circolazione, del mercato unico e della collaborazione scientifica, in cambio di un contributo finanziario e del rispetto dei principi democratici e delle regole economiche su cui si regge l’UE. Una soluzione innovativa che potrebbe tornare utile anche al nostro Paese.