L'editoriale

Il maltempo nel dibattito sul clima

Precauzioni vanno messe in campo fin da oggi, l’importante è mantenere sempre l’equilibrio necessario per non farsi contagiare dall’isteria.
Paride Pelli
31.08.2023 06:00

Il Ticino ha passato negli ultimi giorni dei brutti momenti dovuti al maltempo, soprattutto nel Locarnese. La grandine e le intense piogge hanno provocato allagamenti in edifici pubblici e privati oltre a importanti danni a lucernari e pannelli fotovoltaici. Al Palazzetto Fevi ci vorranno milioni di franchi e almeno sei settimane per ripristinare la struttura. Automobili semi-distrutte hanno poi costretto i carrozzieri agli straordinari. Il resto del nostro cantone, lo scorso fine settimana, è stato poi confrontato con strade chiuse, riali in piena e alcuni divieti temporanei legati alla non potabilità dell’acqua. Tutto déjà vu, dunque? Sì e no.

Se facciamo una ricerca nei nostri archivi, constatiamo che le notizie sul maltempo, decennio dopo decennio, si ripetono. Quando va bene, dopo un periodo di forti piogge o un’intensa grandinata, ci si rimbocca le maniche e si riparano i danni. Quando va male, purtroppo, si è costretti a contare le vittime. Comprensibilmente, e con l’aiuto di previsioni meteo sempre più precise, cittadini e istituzioni cercano di correre ai ripari anzitempo e di mettere in sicurezza case e aziende, strade e boschi, ma alla fine di danni se ne contano sempre. Non si potrà mai sapere in anticipo dove atterrerà un fulmine durante il prossimo temporale. La natura è imprevedibile e a tratti brutale, come lo scorso venerdì. La novità dei nostri giorni è che tutto questo viene vissuto e raccontato all’interno del dibattito sul cambiamento climatico. E qui si scatenano molte inutili divisioni e polarizzazioni.

Secondo alcuni, dopo il caldo torrido di questo mese di agosto, provocato dal riscaldamento globale a sua volta stimolato dalle attività umane, era naturale che dovessimo scontare le nostre colpe sotto chicchi giganti di grandine. È una visione condivisibile ma non nelle sue estremizzazioni, così come non ci mettiamo dalla parte dei fatalisti, secondo i quali possiamo fare tutto quello che vogliamo senza preoccuparci troppo del benessere del pianeta, dal momento che quest’ultimo sa regolarsi da solo e l’inquinamento umano è troppo limitato per incidere davvero sull’ecosistema. Sono due posizioni eccessive, ça va sans dire, che la popolazione svizzera e ticinese ha già ridimensionato, il 18 giugno scorso, accettando il controprogetto all’Iniziativa per i ghiacciai, vale a dire dichiarando che sì, il problema del cambiamento climatico esiste e va affrontato in maniera efficace.

Tre giorni fa riportavamo la notizia del limite delle nevicate sceso in pochissimi giorni da 5.000 a meno di 2.000 metri e, poche pagine dopo, una previsione secondo la quale, se il riscaldamento globale aumenterà di due gradi centigradi, un terzo dei comprensori sciistici avrà grossi problemi di innevamento. La prima notizia è di stretta attualità (ma ricordiamoci che a giugno 2016 nevicò a 1.500 metri), la seconda è a medio-lungo termine ed è di natura ipotetica. L’una non è in contraddizione con l’altra, e precauzioni vanno messe in campo fin da oggi. L’importante è mantenere sempre l’equilibrio necessario per non farsi contagiare dall’isteria.