L'editoriale

Il margine di comodo tra spendere e investire

In queste settimane il Consiglio di Stato si appresta a mettere nero su bianco le prime misure che saranno oggetto della manovra per il 2024: richiederà puntuali (e dolorosi) interventi
Gianni Righinetti
15.05.2023 06:00

Ha suscitato scalpore, stupore, indignazione e incredulità. D’altronde quando si tratta di cavalcare la popolarità e ci si trova di fronte una decisione impopolare come la rinuncia al tentativo di portare in Ticino un evento quale il Tour de France (che catalizza l’attenzione di ben 150 milioni di spettatori incollati al piccolo schermo) il gustoso piatto si trova servito su un vassoio d’argento. I fischi all’indirizzo del Consiglio di Stato, reo di aver preso una decisione sciagurata, sono piovuti da ogni dove, anche da coloro che si erano erti a paladini della necessità di risparmiare per riportare i conti del Cantone in parità entro il 2025. D’altronde il «piove, Governo ladro» è un detto che ben s’addice alla paradossale epoca che stiamo vivendo. E, se gli arrabbiati per la sconfitta elettorale (leghisti in primis) seguiranno alle parole del capogruppo Boris Bignasca, i fatti della politica dell’ostruzionismo da opposizione pura e dura, ne vedremo davvero delle belle (eufemismo).

Sulla vicenda del Tour de France se ne sono dette e lette un po’ di tutti i colori, affermazioni più degne di radio osteria che di esponenti del Parlamento cantonale. In primo luogo va precisato che l’ipotetico sì del Governo non avrebbe portato per direttissima la rinomata gara ciclistica sulle nostre strade: il Ticino, al pari di altre potenziali pretendenti, sarebbe entrato nel gruppo che in volata si sarebbe poi aggiudicato l’interessante vetrina. È chiaro che rinunciando in partenza non si potrà di certo vincere la gara. La decisione di non mettere 5 milioni di franchi sul tavolo risponde ad esigenze di bilancio. Erano tanti, troppi, giusti o pochi? La valutazione è squisitamente soggettiva. Nel frattempo il nostro Governo ha pure rinunciato a partecipare alla fiera svizzera dell’agricoltura e dell’alimentazione a San Gallo (OLMA) del 2024 a causa dell’impegno finanziario previsto, circa 1,5 milioni di franchi. Una decisione che, parafrasando l’ormai abusato «giù le mani» cantonticinese ha generato una reazione chimica in grado di clonare migliaia «amici dell’OLMA». Peccato che gli stessi, politici in primis, fino a cinque minuti prima questa OLMA neppure se l’erano filata di striscio e non sapevano nemmeno della sua esistenza. Il Ticino si è così confermato come il Cantone dell’iperbole, il luogo dell’indignazione facile. Ad esempio, la Fiera svizzera dell’agricoltura e dell’alimentazione è popolarmente conosciuta per l’abituale foto con il presidente della Confederazione di turno immortalato con in braccio un maialino. Ecco cos’è l’OLMA per chi non pratica l’agricoltura, mentre oggi tutti sembrano essere esponenti ed esperti del nostro settore primario.

C’è chi ha parlato di ripicca infantile dei cinque consiglieri di Stato, di provocazione. Osiamo sperare e intimamente pensiamo che le cose non stiano affatto così. Dura lex sed lex dicevano i latini e il decreto sui conti il Parlamento lo ha avallato e il popolo lo ha sostenuto. Allora era una scatola vuota e aveva generato una gazzarra incredibile, amplificata dalla sinistra che, lanciando un legittimo (ma poco tattico) referendum, aveva trasformato un decreto-topolino dell’UDC (fatto proprio da Lega e PLR) in qualcosa di mostruoso, brutto e cattivo. Come abbiamo sempre sostenuto, i problemi sono giunti al pettine non appena si è dato un minimo di contenuto a quella decisione avallata dal 56,9% dei cittadini. Se c’è un rimprovero (ormai postumo) da muovere al Governo, è che lo stesso si era chiamato fuori non prendendo posizione sull’oggetto perché «voluto dal Parlamento». Sarà anche formalmente corretto, ma risulta realisticamente una neutralità inopportuna, perché in politica ci si schiera, non si rinuncia a dire la propria opinione.

In queste settimane il Consiglio di Stato si appresta a mettere nero su bianco le prime misure che saranno oggetto della manovra per il 2024 e dai rumors emerge che non sarà una mossa tutta rose e fiori, bensì di un certo spessore e che richiederà puntuali (e dolorosi) interventi. A confronto il Tour e l’OLMA saranno poca cosa. Tutti sono concordi almeno su un punto: nel tritacarne della manovra non dovranno finire gli investimenti. Il problema è tutto qui ed era valido ieri e rimane tale oggi. La soggettiva percezione di comodo che esiste tra spesa e investimento sarà il detonatore della polemica che riesploderà presto. Ciò che per gli uni è spesa, per gli altri è investimento e viceversa. C’è da scommettere che non ne usciremo se non dopo scontri aspri alle urne. A meno di agire con quel metodo tanto razionale quanto poco politico che porta il nome di «tagli lineari».