L'editoriale

Il Pardo sa dove va ma la strada non è facile

Il 2027, con l'edizione dell'ottantesimo, è più vicino di quel che sembra e per arrivarci senza il fiatone, compiendo già qualche piccolo «miracolo» a livello di film in programma e relativi ospiti, bisogna pigiare il piede sull’acceleratore fin da subito
© CdT/Gabriele Putzu
Antonio Mariotti
06.08.2025 06:00

È la storia di Joan, venticinquenne inglese decisa a raggiungere a tutti i costi l’isola di Killoran, nelle Ebridi, dove deve sposare un ricco industriale. Questa la trama di una delle prime opere in programma della retrospettiva che il 78. Locarno Film Festival dedica al cinema britannico tra il 1945 e il 1960. Quel che ci interessa di questa pellicola del 1945 è soprattutto il titolo: I Know Where I’m Going (So dove vado). Un titolo che pare riassumere alla perfezione lo stato d’animo che si respira di questi tempi nelle sfere dirigenziali del Pardo.

Come ha dimostrato la fulminea ed improcrastinabile sostituzione della struttura che sostiene il grande schermo della Piazza (con relative polemiche riguardanti la conservazione della struttura tubolare originaria ideata dall’architetto Livio Vacchini nel 1971). Come si arguisce pure dalla conversazione con il direttore artistico, Giona A. Nazzaro, sulle rive del Verbano l’obiettivo da raggiungere è uno solo e ben chiaro: l’edizione dell’ottantesimo, che cadrà nel 2027 e dovrebbe segnare (il condizionale è d’obbligo) lo spostamento della manifestazione al mese di luglio.

I Know Where I’m Going dunque? Sì, ma come la cocciuta Joan nel film dei grandi Powell & Pressburger, anche il Pardo dovrà superare uragani e tempeste prima di raggiungere l’agognata meta. Perché, per mille motivi, il 2027 è più vicino di quel che sembra e per arrivarci senza il fiatone, compiendo già qualche piccolo «miracolo» a livello di film in programma e relativi ospiti, bisogna pigiare il piede sull’acceleratore fin da subito. Senza però rischiare, a causa dell’alta velocità, di perdere per strada qualche insostituibile pezzo di storia del Festival.

Un non facile gioco d’equilibrismo tra i valori del passato e le aspettative riposte nel futuro, che sottintende una visione globale e, nel contempo, un’attenzione maniacale rispetto ad ogni dettaglio. Insomma, anche se oggi potrebbe sembrare un semplice capriccio, la decina di giorni che il Festival rosicchierebbe al mese di luglio potrebbe rivelarsi fondamentale per compiere un ulteriore salto di qualità e mantenere il posto del Pardo tra le dieci manifestazioni cinematografiche più importanti al mondo. Oggi come oggi, visti i cambiamenti strutturali verificatisi nel mondo dell’industria audiovisiva dopo la crisi pandemica, mettere in piedi un festival del film in pieno agosto è un’impresa quasi eroica. E va senz’altro dato atto agli organizzatori locarnesi di riuscire a convincere un bel numero di personaggi del mondo del cinema a saltare le vacanze per scoprire la magia di Piazza Grande e di tutto il contesto festivaliero.

È innegabile, d’altronde, che dietro questo ambizioso progetto di sviluppo – che va ad innestarsi sulla teoria della continua necessità di crescere proclamata da sempre dal suo predecessore Marco Solari – ci sia l’impronta di Maja Hoffman. Da consumata mecenate e organizzatrice culturale, la presidente deve aver intuito subito quale fosse il «problema» che impediva a Locarno di sbocciare completamente. E deve aver impartito l’ordine di concentrarsi sull’obbiettivo 2027. Costi quel che costi.

Prima di due anni è quindi superfluo far visita al Festival? Assolutamente no. Lo stato di salute del cinema è davvero ottimo in questo momento, come ha dimostrato anche l’ultimo Festival di Cannes, e il programma di Locarno 78 curato da Giona A. Nazzaro e dai suoi collaboratori, è ricco di sorprese e di sfide affascinanti. «We Know Where We’re Going», sappiamo dove andare, quindi, da oggi fino al 16 agosto. 

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