L'editoriale

Il PIL svizzero frena e il futuro si presenta incerto

Nel terzo trimestre il valore aggiunto dell'economia è cresciuto dello 0,3%, ma la dinamica resta debole condizionata dalla situazione internazionale
Generoso Chiaradonna
02.12.2023 06:00

I segnali di un rallentamento dell’economia svizzera erano già presenti la scorsa primavera, quando alla fine del secondo trimestre l’evoluzione del Prodotto interno lordo (PIL) segnava una flessione in territorio negativo dello 0,1% da un trimestre all’altro. I dati del terzo trimestre diffusi dalla Seco, Segreteria di Stato per l’economia, pur attestandosi in territorio positivo (+0,3%) confermano che qualcosa si è rotto nella dinamica economica. Non si è in una recessione conclamata o profonda, questo no. Ma la spinta è debole, da prefisso telefonico, per usare una metafora nota che rende l’idea. Guardando più in dettaglio le cifre della Seco, confermano quanto sollevato più volte negli scorsi mesi da varie organizzazioni delle Piccole e medie imprese del settore industriale: la crescita attribuibile al contributo del settore manifatturiero al PIL è stato praticamente nullo. E questo nel terzo trimestre dell’anno, quello estivo per intenderci, che assieme a quello primaverile di solito corrisponde al periodo migliore per la produzione dell’intero anno. La creazione di valore è salita soprattutto nell’industria chimica e farmaceutica (+1,2 %) – settore generalmente poco esposto alle fluttuazioni economiche – grazie a una crescita dinamica delle esportazioni e del fatturato. Se la bilancia commerciale è ancora largamente positiva lo si deve a questo comparto e al fatto che a parità di export, le importazioni sono diminuite. L’industria metalmeccanica è invece quella che risente molto di più del rallentamento internazionale (Germania e Cina su tutte) oltre alla difficile situazione geopolitica.  

Debole anche il settore terziario con le uniche componenti in territorio positivo date dalla spesa sanitaria e sociale (+0,7%), che non è un buon segnale per la società svizzera – indica che stiamo invecchiando velocemente - e dai consumi che ancora una volta salvano capra e cavoli sostenendo il PIL. Rimanendo nel settore dei servizi e a conferma ancora una volta della situazione non brillante del settore manifatturiero, sono risultati in calo quelli alle imprese e la domanda di trasporti merci. In controtendenza, appunto i consumi e in particolare quelli pubblici (+0,5%). Anche questo fattore è indicativo del fatto che la spesa pubblica è una parte importante della domanda aggregata. I consumi privati – che rappresentano oltre il 60% del PIL delle economie avanzate, compresa quella svizzera - hanno fatto segnare un +0,2%, in indebolimento rispetto ai trimestri scorsi. Difficilmente questa componente acquisterà vigore nell’ultima parte dell’anno, periodo durante il quale produttori e consumatori sono già orientati a cercare di capire come sarà l’inizio del prossimo. I dati registrati la scorsa settimana sui pagamenti elettronici durante il black friday, una tradizione nordamericana che si è ormai consolidata anche in Svizzera e che segna l’inizio della stagione degli acquisti natalizi, sono risultati in calo del 2% rispetto all’anno precedente. Non è un dato scientifico, ma comunque segnala almeno un raffreddamento dell’entusiasmo consumistico in vista di tempi ritenuti più difficili. 

E proprio partendo da queste premesse, i consumi delle famiglie svizzere l’anno prossimo verosimilmente si indeboliranno. È stato ricordato più volte. I possibili aumenti degli affitti (è di ieri la decisione di aumentare il tasso ipotecario di riferimento che regola i nuovi contratti) e gli aumenti – questa volta certi - delle bollette elettriche, dei premi delle casse malati decisi nelle scorse settimane e dell’IVA che entreranno in vigore concretamente a gennaio prossimo, non sono certo viatici di ottimismo. Allargando lo sguardo a livello più macro, la Svizzera è una piccola e dinamica economia aperta che dipende dall'andamento dell'economia mondiale che – a parte gli Stati Uniti che però sono entrati in un anno elettorale – sta dando da tempo segnali di rallentamento. Aggiungiamoci le complicate situazioni geopolitiche (dal confitto russo-ucraino a quello israelo-palestinese) che rischiano di protrarsi ancora a lungo o addirittura di complicarsi ulteriormente. Per questo motivo il PIL prossimamente non potrà fare grandi balzi. L’ipotesi a fine anno di una crescita da prefisso telefonico nazionale (zero virgola qualcosa) è quindi ancora ottimistica rispetto a quella di un prefisso internazionale a doppio zero.