L'editoriale

Il segreto di Ambrogio e l'alchimia della lettura

Lettura endofasica: la lettura silenziosa, mentale, interiore, che nel IV secolo dell'era cristiana rappresentò la vera rivoluzione della conoscenza
Matteo Airaghi
Matteo Airaghi
28.11.2023 06:00

Altro che Kindle. La vera rivoluzione della conoscenza avvenne verso la fine del IV secolo dell’era cristiana quando la lettura, che è la più preziosa e delicata forma di tecnologia, si trasformò radicalmente e per sempre. Tra i primi ad accorgersene Agostino, un giovane, un po’ scapestrato, insegnante di retorica latina originario di Ippona che inviato da Roma a Milano nel 384 si trovò inevitabilmente attratto e incuriosito dalla figura carismatica e autorevole del vescovo locale, Ambrogio di Treviri che poi, infatti, lo convertirà e di lì a un paio d’anni lo battezzerà. Stiamo naturalmente parlando di due figure chiave della storia dell’Occidente, Ambrogio e Agostino, santi e dottori della chiesa, filosofi e teologi, giganti della Patristica, i cui rapporti esordirono appunto in maniera piuttosto curiosa. Come ci racconta il Doctor Gratiae nelle sue celeberrime Confessioni, osservando il saggio e venerabile episcopo il giovane ipponate e i suoi accoliti si accorsero, e il fatto era così straordinario da sconvolgerli, che Ambrogio quando leggeva lo faceva, incredibilmente, in silenzio («sed cum legebat, oculi ducebantur per paginas et cor intellectum rimabatur, vox autem et lingua quiescebant…»). Era dunque nata la cosiddetta «lettura endofasica», la lettura silenziosa, mentale, interiore, che se a noi, oggi, sembra una cosa normale come respirare, allora, quando ogni testo era scritto per essere letto rigorosamente ad alta voce, costituì un cambio di paradigma fondamentale. Quel meccanismo, inaudito, permetteva un nuovo rapporto, intimo e senza testimoni, tra la parola scritta e il lettore; era un modo di appropriarsi del testo, di metterlo in relazione con altre letture, altri autori, altri pensieri.

Una rivoluzione che in fondo ha contribuito alla creazione dell’uomo moderno, alla sua emancipazione e allo sviluppo del senso critico che lo ha reso potenzialmente libero. Una conquista fondamentale che però, come tutto quanto attiene alla libertà e alla conoscenza, non è data per sempre e non si può considerare superficialmente acquisita senza sforzi. Come dimostrano i danni non soltanto intuiti da ll’esperienza quotidiana ma ormai chiari anche alle neuroscienze che si occupano di «cervello che legge», di qualche decennio di lettura «digitale». Perché i meccanismi insondabili e quasi alchemici della lettura esigono (ed è una mera questione di biologia e struttura del nostro cervello) processi «lenti» tipici ed esclusivi dei testi su carta. Come spiega in un magnifico saggio (Lettore vieni a casa da poco disponibile anche in italiano per le edizioni Vita e Pensiero) la neuroscienziata umanista Maryanne Wolf gli stimoli frenetici che ci arrivano dagli schermi stanno minando il nostro pensiero critico, l’immaginazione e l’empatia che solo la lettura tradizionale su carta è in grado di garantire. Se il cervello non ha tempo sufficiente per passare dalla percezione, alla memoria e al consolidamento tutto quanto abbiamo letto va perduto inesorabilmente nel giro di pochissimi minuti e le conseguenze non riguardano «soltanto» la memoria o la trasmissione e acquisizione di autentica conoscenza. Quella che la Wolf definisce «lettura profonda» coinvolge il pensiero critico, l’immaginazione creativa, l’introspezione, l’empatia, cioè la capacità di assumere la prospettiva e le emozioni degli altri. Tutte qualità che hanno un impatto civile e politico fortissimo: un atto privato e solitario come la lettura ha pertanto implicazioni evidenti sulla vita democratica condivisa. È solo della scorsa settimana la notizia di un raggelante, e purtroppo scientificamente attendibile, studio secondo il quale in Svizzera la metà (la metà!) dei quindicenni in piena tempesta digitale legge così male da non riuscire a comprendere con precisione quello che ha letto, non essendo in grado di cercare informazioni semplici in un breve testo né riuscendo a filtrare le informazioni più importanti all’interno dello stesso. Per preoccuparsi ormai è tardi ed è netta la sensazione che di questo passo del segreto di Ambrogio rischiamo di perdere anche il ricordo.