L'editoriale

Il tira e molla delle dimissioni del Papa

A tenere banco, nelle ultime settimane, è solo e soltanto la questione delle possibili dimissioni di Francesco
Carlo Silini
19.07.2022 06:00

Nelle ultime settimane quando si parla di papa Francesco a tenere banco è solo la questione delle sue possibili dimissioni. Lui annuncia che il mondo potrebbe precipitare in una terza guerra mondiale, lancia un nuovo appello contro le emissioni di gas serra, chiede alle compagnie aeree di non lasciare il personale senza lavoro, ma niente: non se ne parla quasi.

Si dimette, non si dimette?, gli chiedono tutti. Nell’ultimo caso anche le giornaliste messicane Maria Antonieta Collins e Valentina Alazraki che l’hanno intervistato per l'emittente TelevisaUnivision. E lui ripropone a tutti lo stesso ritornello: no, in questo momento non ho intenzione di dimettermi. Per poi aggiungere che se riterrà di non avere più la forza e l’energia per guidare la Chiesa, beh, allora sì, se ne andrà. Questo tira e molla mentale (non mi dimetto, però…) può sembrare un controsenso. Ma è solo un uso stringente della logica che cerca di distinguere il certo, il probabile e il possibile.

Certo è che il Papa, ora come ora, non intende seguire l’esempio di Ratzinger. Probabile è che non lo voglia fare perché pur soffrendo di gonalgia (il ginocchio gli fa male) e partecipando alle udienze in sedia a rotelle, la sua salute non è compromessa al punto da impedirgli di fare il Papa. Ancora più probabile è che non lo faccia perché la Chiesa può sopportare un Papa emerito, ma non due. Ve l’immaginate una nuova fase con tre pontefici in circolazione: due «ex» e uno in carica? È già abbastanza delicato gestire la «Barca di Pietro» con l’ombra ingombrante del predecessore, che alcuni cattolici continuano a considerare «il vero Papa». Figurarsi con due.

Detto questo, si entra spediti nel campo del possibile, dove le cose possono semplicemente avvenire, ma anche no. È qui che sguazzano le ipotesi delle dimissioni. Perché, dopo che papa Benedetto ha aperto il varco, nulla impedisce che il o i suoi successori ne seguano la via. Ratzinger ha sdoganato il tabù che fino a Giovanni Paolo II sembrava inviolabile: la fine del papato a vita. Wojtyla non si è dimesso neppure quando era chiaro che la sua salute non gli permetteva di guidare efficacemente la Chiesa cattolica e il suo miliardo di fedeli. Ratzinger, forse dopo aver visto che un Papa in quelle condizioni non ha alcun potere decisionale, ha scelto di fare un passo indietro. E quindi sì: nel caso di un peggioramento irreversibile della salute potrebbe farlo anche Francesco.

I vaticanisti pensano inoltre che, se dovesse succedere, uno o più candidati alla sua successione sicuramente ci sarebbero. Negli ultimi anni il Papa ha creato un cospicuo numero di cardinali letteralmente «papabili» (cioè autorizzati a partecipare al conclave perché di età inferiore agli 80 anni) e l’ultima infornata avverrà col concistoro del prossimo 27 agosto che ne sfornerà 21, 16 dei quali under 80.

L’ipotesi delle dimissioni poggia infine su un evento simbolico che ha messo in moto la macchina delle suggestioni. Francesco ha infatti annunciato che il 28 agosto sarà il primo papa della storia ad andare all’Aquila per partecipare alla cosiddetta «Perdonanza», istituita nel 1294 da Celestino V. La «Perdonanza» è la concessione dell’indulgenza plenaria a chiunque entri nella basilica di Santa Maria di Collemaggio all’Aquila. Una tradizione molto sentita in quella cittadina. Cosa c’entra con l’idea delle dimissioni? C’entra perché Celestino V è l’unico papa ad essersi ritirato prima di Benedetto XVI. E c’è chi sostiene che l’omaggio di Francesco a un evento religioso istituito proprio da Celestino V sia un gesto simbolico che indicherebbe il futuro del suo pontificato. Possibile, ma ci sembra più probabile che il simbolismo cercato da Bergoglio sia un altro: quello dell’importanza della misericordia (tema faro del suo pontificato), che è anche il nocciolo del rito polveroso ed ecumenicamente controverso della «Perdonanza».