L'editoriale

In Ucraina una guerra che peserà sul nostro futuro

Quest’anno che fra una manciata di ore giungerà a fine corsa, difficilmente ce lo scorderemo, anzi è destinato, nel prossimo futuro, ad entrare nei libri di storia
Osvaldo Migotto
31.12.2022 06:00

Quest’anno che fra una manciata di ore giungerà a fine corsa, difficilmente ce lo scorderemo, anzi è destinato, nel prossimo futuro, ad entrare nei libri di storia. Sono diversi gli eventi degni di essere ricordati, di questo 2022. Sia positivi, come ad esempio i passi avanti recentemente annunciati dagli Stati Uniti nello sviluppo della fusione nucleare, sia tristi, come la scomparsa della regina Elisabetta II nel Regno Unito, o la dura repressione scatenata dal regime iraniano contro chi manifesta nelle strade a favore della libertà. Per non parlare del coronavirus, i cui contagi sono saliti alle stelle in Cina a causa di una pessima gestione dell’emergenza sanitaria da parte delle autorità di Pechino. Tuttavia tra gli eventi di peso che hanno caratterizzato il corrente anno, la guerra scatenata dalla Russia in Ucraina lo scorso 24 febbraio è sicuramente quello più nefasto, nonché quello destinato ad avere ripercussioni negative anche sul nostro futuro.

La speranza, naturalmente, è che lo spietato conflitto, che sta distruggendo un’intera nazione sotto il peso di bombardamenti indiscriminati che non risparmiano ospedali e altre strutture fondamentali per la sopravvivenza del popolo ucraino, termini il prima possibile. Ma se anche così fosse, non sarà un compito facile colmare quel solco profondo che si è creato tra Occidente e Federazione russa dopo lo strappo causato dalla brutale invasione dell’Ucraina. Dovrebbe essere l’ONU a ordinare la fine delle ostilità e a mediare tra i due contendenti. Il problema è che Mosca, pur facendo parte dei cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, non ha rispettato uno dei principi fondamentali del diritto internazionale, ossia il rispetto dei confini e della sovranità di uno Stato indipendente. Non va poi dimenticato che il presidente russo Putin ha ripetuto a più riprese che dopo l’avvio della guerra contro l’Ucraina, nulla sarà più come prima. Al leader del Cremlino è sempre andato stretto il peso limitato che il suo Paese ha avuto sullo scacchiere internazionale dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica. Nell’era della globalizzazione Cina e Stati Uniti l’hanno fatta da padrone, e anche gli altri Paesi occidentali hanno saputo ottenere maggiori proventi dagli scambi commerciali internazionali di quanto abbia saputo fare Mosca. Nel PIL russo hanno un peso predominante la vendita di petrolio, gas e altre materie prime. Fiumi di dollari, in buona parte provenienti dall’Europa, hanno così riempito le tasche di oligarchi e dello stesso Cremlino che, sotto la spinta di Putin, ha investito miliardi nella difesa, che poi, scusate il gioco di parole, si è trasformata in attacco, con una crescente presenza militare della Russia in Asia e Africa.

Ora le ambizioni di rivincita di Putin nei confronti dell’Occidente fanno paura. Soprattutto dopo l’invasione dell’Ucraina e ancora di più da quando diversi esponenti del regime russo hanno iniziato ad usare con disinvoltura la minaccia del ricorso all’arma nucleare. Non c’è dunque da stupirsi se il trend al rialzo della corsa agli armamenti, che già si è fatto notare negli ultimi anni, abbia subito un’ulteriore accelerazione dopo lo scoppio del conflitto tra Mosca e Kiev. I Paesi europei e gli Stati Uniti, che da mesi stanno fornendo importanti quantitativi di armi all’Ucraina affinché possa difendersi dall’aggressione russa, non solo dovranno rimpolpare i propri arsenali, ma dovranno adeguare le loro difese all’accresciuto rischio di aggressione. Per l’anno entrante, ma anche per quelli a venire, i budget per la difesa dei Paesi occidentali sono destinati ad aumentare in modo sensibile.

Anche la Svizzera si sta adeguando al nuovo trend e prevede di portare le spese militari all’1% del PIL al più tardi entro il 2030. Alla logica della corsa al riarmo non sfugge neppure la Cina, alle prese con un duro braccio di ferro con gli Stati Uniti. Non solo in ambito commerciale, ma anche a livello strategico. Le pressioni militari di Pechino su Taiwan, dopo la visita lo scorso agosto della Speaker della Camera dei rappresentanti USA Nancy Pelosi a Taipei, si sono intensificate in modo preoccupante. E così miliardi di dollari, euro, yuan e franchi che potrebbero essere utilizzati per affrontare altre emergenze con cui l’umanità è confrontata, a cominciare da quella climatica che nel corso del 2022 si è fatta pesantemente sentire in tutti i continenti, vengono destinati «all’arte della guerra». Un barbaro strumento usato sin dall’antichità per risolvere dispute tra i popoli, e che vorremmo tanto veder sparire dal nostro pianeta. Benvenuto 2023! Soprattutto se ci porterai un po’ di pace.