L'editoriale

Jannik Sinner, la stella polare e il terzo incomodo

In un contesto di superiorità assoluta, manca quel giocatore capace di mettere a volte i bastoni tra le ruote all'italiano e ad Alcaraz
Flavio Viglezio
14.07.2025 22:48

Cosa resta – nella mente e nel cuore – dell’edizione di Wimbledon appena conclusa? Innanzitutto il trionfo di Jannik Sinner, ovviamente, capace di sollevare al cielo per la prima volta in carriera – con ogni probabilità non l’ultima – il prestigioso trofeo di Church Road. Wimbledon, con le sue tradizioni e i suoi rituali, il royal box in cui si mescolano monarchi, eredi al trono e attori di Hollywood, resta il torneo più affascinante del Grande Slam. Per certi versi anacronistico, ma al tempo stesso terribilmente di moda. Vincerlo proietta in una dimensione che gli altri tre Major non garantiscono. Era visibilmente emozionato, l’italiano, al momento di ricevere la coppa dala Principessa del Galles Kate Middleton.

Lo capiamo. La gioia dell’altoatesino proviene da lontano, esattamente dall’ultimo Roland Garros, quando Carlos Alcaraz gi aveva strappato con un colpo di coda una partita già vinta. I gradi campioni non si abbattono, ma trovano anzi dalle difficoltà la benzina per rilanciarsi. Ci piace immaginare che quei tre match-point gettati alle ortiche a Parigi abbiano guidato Sinner per tutta la partita, come la stella polare guidava un tempo i marinai. Quella sconfitta – in ottica Wimbledon – ha fatto del bene a Sinner e, in un certo senso, ha destabilizzato Alcaraz. In altre parole, l’italiano ha portato in campo una determinazione e una voglia di vincere che lo spagnolo per una volta non ha avuto. Il volto di Sinner non ha mai tradito la benché minima incertezza, nemmeno dopo la perdita del primo set. Allo stesso tempo il murciano non è parso devastato dalla sconfitta, come se avesse inconsciamente e velocemente capito che contro la rabbia agonistica dell’azzurro stavolta non sarebbe bastata nemmeno la sua proverbiale combattività.

Sinner è stato chirurgico, non ha avuto pietà: ha spesso costretto all’errore un Alcaraz che a partire dalla seconda frazione si è vieppiù trovato in difficoltà. La superiorità di Sinner ha impedito che la finale raggiungesse vette epiche come quella del Roland Garros e lo sport ancora una volta insegna come ogni sfida – per fortuna – abbia la sua personalissima storia. Ed allora, Sinner è più forte di Alcaraz? Solo il futuro lo dirà: al momento i due nuovi fenomeni del tennis mondiale viaggiano sui binari dell’equilibrio. Oggi tu, domani io. Guai a dimenticare come lo spagnolo abbia perso solo la prima delle sei finali di Grandi Slam fin qui disputate in carriera. E anche Carlitos – come ha fatto Sinner dopo Parigi – si aggrapperà a questa sconfitta per tornare ancora più forte. Già a partire dallo US Open.

Il tennis maschile ha insomma voltato definitivamente pagina, complice anche l’età che avanza di Novak Djokovic. Il fisico del serbo – lo si è visto bene nella semifinale contro Sinner – inizia ad accusare gli sforzi di mille battaglie. Siamo allora all’alba di una nuova rivalità, destinata a scrivere la leggenda della racchetta e dello sport in generale. Sembra, per certi versi, la rivalità tra Federer e Nadal: un duello infinito fatto di grandi battaglie sul campo, ma di un rispetto assoluto fuori dal rettangolo di gioco. Ecco, per rendere davvero epici i duelli a venire tra i due, manca un piccolo ma fondamentale ingrediente. Manca il terzo incomodo, il Djokovic o anche solo l’Andy Murray o lo Stan Wawrinka di turno. In un contesto di superiorità assoluta, in cui nessun avversario è in grado di esprimersi sui loro livelli, manca quel giocatore – magari in fondo nemmeno troppo simpatico o accondiscendente – capace di mettere a volte i bastoni tra le ruote a Sinner e ad Alcaraz. Certo, la buona sorte ha aiutato Sinner quando si trovava sotto per due set a zero con Dimitrov: il suo merito è stato quello di saperne approfittare. L’italiano ha superato con carattere e determinazione anche la losca vicenda legata al caso di doping al clostebol che lo ha visto protagonista ad inizio anno. Sta insomma imparando a gestire con apparente facilità ciò che ruota attorno al mondo della racchetta.

Ragazzo con i piedi per terra, dalle sue montagne Sinner ha appreso cosa significhi mantenere il contatto con la realtà. In un’Italia ebbra di gioia, che sta vivendo il magico momento del tennis azzurro come se si trattasse di pallonare vicende, il sorriso timido e il filo di voce con cui si esprime Sinner insegnano che si può essere campioni veri senza cadere nel volgare o nell’estremo. Non tutti ci riescono: Matteo Berrettini, per esempio, ha pagato e ancora sta pagando l’altissimo prezzo dell’improvvisa popolarità.

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