L'editoriale

La cara imposta e il silenzio da rompere

Scatta l'ora delle scelte per l'imposta di circolazione: sul tavolo c'è l'originale (l'iniziativa popolare dell'allora PPD) e la copia un po' forzata del fronte rossoverde - Il punto in vista del voto del 30 ottobre
Gianni Righinetti
05.10.2022 06:00

Ci sono campagne in vista di una votazione che decollano molto presto e, una volta raggiunta la quota di crociera, si trascinano stancamente con favorevoli e contrari che duellano all’insegna di una disarmante ridondanza e banalità argomentativa. Spesso, su temi federali e cantonali, capita di essere inondati da testi di politici o addetti ai lavori che però non aggiungono nulla di ragguardevole al ragionamento base a sostegno della tesi del sì e a quella del no. Questa, di regola, è la regola. Poi c’è l’eccezione: le campagne di voto che non decollano del tutto, anche se la materia è potenzialmente stuzzicante e ci interessa da vicino, nel senso che coinvolge il borsellino di noi tutti. In quest’ultima categoria va senz’altro considerato il tema dei temi in consultazione popolare il prossimo 30 ottobre: l’iniziativa popolare «Per un’imposta di circolazione più giusta» e il relativo controprogetto, testi discussi dal Gran Consiglio lo scorso giugno e che sono pronti da mesi per la prova con le urne. Eppure non se ne parla nella maniera più assoluta. Ad oggi le prese di posizione si contano sulle dita di una mano ed è fin paradossale che ad essere più animata, fin astiosa e contraddistinta da un tono da campagna elettorale è stata la fase che ha portato alla scelta dei 90 deputati al Gran Consiglio, mentre ora, nel momento in cui occorre spiegare al cittadino, tutto e tutti tacciono. Intanto è iniziata la distribuzione del materiale di voto ma nell’aria si constata una sorta di indifferenza e tanta confusione sulle cifre. Ci sono però alcuni punti chiari sui quali ragionare. Il più eclatante è che in Ticino l’imposta di circolazione è molto cara, supera di gran lunga quella di altri Cantoni e, considerando anche il livello dei salari ticinesi, si tratta dell’imposta specifica più esosa a livello nazionale. Un record del quale non possiamo di certo andare fieri.

A spingere nel 2017 il PPD (oggi Il Centro) a raccogliere le firme, complessivamente ben 12.114 sottoscrizioni per l’iniziativa popolare denominata in maniera semplice e chiara «Per un’imposta di circolazione più giusta», era stata la maldestra operazione del Consiglio di Stato che, agendo a livello di regolamento aveva aumentato l’imposta di circolazione a 135.000 automobilisti e per 17.000 di questi la fattura era risultata salatissima con un improponibile +100%. Da qui la più che doverosa azione politica per aggiustare questa perversione, agendo alla radice, per scongiurare futuri colpi di testa, lasciando al solo Governo la facoltà di generare una grandinata tale da fare schizzare l’incasso e fare fruire nel calderone statale freschi milioni presi dalle tasche dei sempre martoriati automobilisti. Non per nulla l’allora PPD aveva parallelamente lanciato una seconda iniziativa azzeccatamente denominata «Gli automobilisti non sono bancomat».

L’obiettivo era plafonare a 80 milioni di franchi quell’incasso schizzato fino a 110 milioni annui, stabilendo quale unico criterio di calcolo il CO2. Poi il testo è stato frenato dalla pandemia e sorpassato da altri dossier fino a primavera, quando Il Centro con il sostegno di Lega e UDC hanno messo la freccia e sono andati in sorpasso. Tutto il resto è storia recente: il PLR che ha tentato di mettere i bastoni tra le ruote, il Governo che ha proposto tardivamente un sistema diverso di calcolo e il fronte rossoverde che ha ottenuto dal Parlamento l’avallo per un controprogetto che stima in 96,3 milioni di franchi l’incasso annuo ma dai quali andrebbero dedotti 4 milioni per il sussidio concesso all’acquisto dell’abbonamento Arcobaleno. Una variabile, quella del trasporto pubblico, estranea al meccanismo e inserita a sproposito. C’è poi il capitolo del braccio di ferro dei reclami, in particolare quello degli iniziativisti che si sono rivolti al Consiglio di Stato dopo che nell’opuscolo informativo il risparmio indicato in 25 milioni dai promotori è stato corretto in 15 milioni.

Rimane aperta la strada per rivolgersi al Tribunale federale, ma sinceramente osiamo sperare che venga data la possibilità di votare, senza che aleggi la minaccia di un annullamento della chiamata alle urne o del risultato finale da parte dell’Alta Corte. Le cose sembrano sufficientemente chiare per decidere. Lo statu quo sarebbe una sorta di harakiri, non resta che scegliere tra la proposta originale che osa fare ciò che è doveroso fare per l’automobilista e la sua copia a tinte rossoverdi che pasticcia. È una questione sulla quale ora serve rompere il silenzio in nome della chiarezza.