L'editoriale

La domenica che delinea un futuro diverso

Eleggere Carobbio, come pianificato nelle stanze del PS e dei Verdi, è stato facile, ma il prezzo di questa scelta per l’area è già tangibile con i risultati per il Governo e potrebbe essere oltremodo doloroso oggi
Gianni Righinetti
03.04.2023 06:00

Il voto dei cittadini ha consegnato al Ticino il Governo che era atteso, senza sorpresa alcuna. I quattro uscenti sono stati confermati e la quinta poltrona è andata alla predestinata, Marina Carobbio, che segna il ritorno di una donna nell’Esecutivo cantonale, ed è la quarta della storia. Il derby personale tra Claudio Zali e Piero Marchesi è andato, come prevedibile, all’uscente che, in virtù del fatto che non aveva problemi interni al suo partito o magagne dal riverbero pubblico all’esterno (come fu per i bocciati alle urne, Marina Masoni nel 2007 e Paolo Beltraminelli nel 2019) ha goduto della regola non scritta che vede l’uscente riconfermato. Rieletto brillantemente Christian Vitta, che fa segnare un risultato personale ragguardevole e si piazza sul gradino più alto del podio, scalzando Norman Gobbi, mentre Raffaele De Rosa si conferma al terzo rango. Facendo unicamente riferimento alle persone quella trascorsa la si potrebbe archiviare come una tranquilla domenica dall’esito scontato. Ma i risultati delle forze politiche ci dicono che nelle ore trascorse dalle 12 di ieri fino a tarda sera sono state gettate le basi per alcuni cambiamenti di non poco conto che potremmo tastare in maniera tangibile oggi, alla luce dello spoglio per il Gran Consiglio, con quei dati che realmente ci diranno la reale forza dei partiti.

Ad uscire con le ossa rotte è la grande novità di questa tornata elettorale, con la lista rossoverde che ha fatto letteralmente flop, mentre la ripudiata Amalia Mirante si è presa una corposa vendetta e la sua lista Avanti con Ticino&Lavoro è pronta a riscattare in termini concreti il successo di bandiera. Per Mirante e i suoi nuovi compagni di viaggio, il primo segnale positivo è arrivato al debutto dello spoglio. Non è stato un fuoco di paglia, ma il segnale di una tendenza che ha trovato conferma cammin facendo. Da quel momento le certezze dei rossoverdi si sono man mano sgretolate e, a bocce ferme, si deve parlare di una disfatta del nuovo fronte progressista.

Non resta che constatare che eleggere Carobbio, come pianificato nelle stanze del PS e dei Verdi, è stato facile, ma il prezzo di questa scelta per l’area è già tangibile con i risultati per il Governo e potrebbe essere oltremodo doloroso oggi. La testardaggine nel non volere una vera partita interna, cacciando di fatto Mirante, si dimostra un vero boomerang. Non si vede come la regressione del fronte unito, possa trasformarsi in un successo in termini di seggi nel Legislativo correndo separati. Detto in termini nudi e crudi, socialisti ed ecologisti si apprestano ad affrontare il peggiore degli scenari: costruire un’alleanza e trovarsi con un saldo negativo in Parlamento. Alla storiella degli amici rossi e quelli verdi indefessi lavoratori per costruire un futuro solido non hanno creduto gli elettori, perché in politica il futuro è oggi e non domani. L’astio si paga a caro prezzo, l’accanimento contro Mirante e il successivo atteggiamento acritico sulla questione della successione al Consiglio degli Stati con Carobbio che non ha voluto fare spontaneamente alcun passo indietro, dice tutto sull’atteggiamento supponente tenuto dalla sinistra e dai suoi alleati. In politica pianificare tutto con maniacale (e interessata) precisione non paga. Così Mirante, vittima sacrificale, si vede premiata ben oltre i suoi reali meriti.

A destra Lega e UDC hanno saputo trasformare personalismi astiosi in una storia di successo per l’area, in attesa di capire oggi cosa valgono le due forze quando corrono da sole. Qualunque sarà il risultato preso separatamente, Lega e UDC sono attese a una prova di maturità in vista delle elezioni federali, anche alla luce delle difficoltà a sinistra.

E terminiamo con il centro, da quello politico del PLR che rielegge sì il suo uomo Vitta che è autentico marchio di garanzia, ma non può essere contento del risultato complessivo. Vien da dire che c’era una volta il PLR che puntava alla riconquista del secondo seggio, mentre ora può solo ambire a limitare i danni giocando sulla difensiva. Il Centro partitico (ex PPD) ha cambiato nome mantenendo sostanzialmente la propria forza. Con quello che sta accadendo non è un insuccesso, ma servirà dare vita a una sana preoccupazione in vista del futuro, a partire dalle federali di ottobre.

Altro che una noiosa domenica, quella di ieri promette di delineare un futuro diverso.

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