L'editoriale

La guerra tra minacce e realtà dei fatti

La realtà è che già oggi l’Europa ha ridotto di molto la sua dipendenza energetica da Mosca. Ma per reggere al caro energia il tessuto economico europeo ora necessita di aiuti
Osvaldo Migotto
08.09.2022 06:00

Il partito di Putin, Russia Unita, ieri ha proposto per il 4 novembre, giorno in cui nella Federazione si celebra la Giornata dell’Unità nazionale, un referendum di annessione dei territori ucraini conquistati. Per ora non è dato sapere se il Cremlino confermerà questa iniziativa, ma diversi analisti ritengono che anche questa volta Mosca potrebbe seguire la via del referendum farsa, come quello organizzato nel 2014 in Crimea dopo l’invasione dell’esercito russo della penisola ucraina. In quell’occasione una bozza di risoluzione, presentata al Consiglio di Sicurezza dell’ONU da una trentina di Stati, che dichiarava l’invalidità del referendum imposto dai russi in condizioni tutt’altro che trasparenti, venne bloccata dal veto di Mosca.

Ma oggi il Cremlino si mostra ancora più sfacciato nel violare il diritto internazionale e, se i Paesi occidentali adottano delle sanzioni nei confronti della Russia per cercare di ricondurla verso il rispetto delle norme che regolano i rapporti tra Stati, Mosca grida allo scandalo e reagisce minacciando i Paesi che esercitano forti pressioni sull’economia russa. Il ritornello di Putin è sempre lo stesso ed è tornato a ripeterlo ieri in occasione del Forum economico di Vladivostok: «Le azioni miopi delle autorità occidentali hanno anche innescato l’inflazione globale, che ha già raggiunto i massimi storici nelle economie sviluppate (...)». Mentre la Russia, sempre secondo lo «zar», sta reggendo bene alle sanzioni occidentali e l’inflazione, giunta al 14%, «sta già mostrando una tendenza al ribasso».

Putin, nonostante le forti perdite e le difficoltà che sta incontrando nel conflitto in Ucraina, guarda lontano e ieri ha annunciato l’intesa raggiunta con la Mongolia per la realizzazione di un gasdotto che attraverso il territorio di questo Paese porterà il gas russo alla Cina. Il presidente russo ha però sorvolato sulla durata dei lavori e sul prezzo che Pechino sarà disposta a pagare per il gas russo. Esperti in materia ritengono che il prezzo e le quantità esportate saranno inferiori a quelle dirette finora verso i Paesi europei. Ma questi e altri importanti dettagli, poco esaltanti per Mosca, non giungeranno mai alle orecchie dell’opinione pubblica russa. La morsa del Cremlino sugli ultimi media indipendenti del Paese si è fatta sempre più soffocante, come dimostra la condanna degli scorsi giorni a 22 anni di carcere per Ivan Safronov, ex giornalista di testate come «Kommersant» e «Vedomosti», accusato in un processo a porte chiuse (alla faccia della trasparenza) di alto tradimento. Lo stesso giorno un altro tribunale moscovita aveva giudicato non valido il certificato di registrazione della testata «Novaya Gazeta», diretta dal premio Nobel Dmitry Muratov. Una scusa assurda per mettere definitivamente a tacere una delle poche voci libere della Russia.

In tal modo Putin potrà continuare ad esprimere «il pensiero unico» del suo regime dittatoriale sulle cause della guerra in Ucraina, senza timore di poter essere contraddetto sul fronte interno. Un conflitto che il Cremlino preparava da tempo, mentre l’Europa si è mostrata completamente sorpresa dagli eventi. Ora il Vecchio continente sta cercando di reagire, da una parte riducendo la dipendenza dal gas russo attraverso la diminuzione dei consumi, ma la sfida appare tutt’altro che semplice, dall’altra, a livello di Unione europea, cercando di fissare un tetto massimo al prezzo del gas comprato da Mosca. Anche in questo caso raggiungere un’intesa tra i Ventisette non appare scontato. L’unica cosa certa, secondo i calcoli del Centre for Research on Energy and Clean Air (CREA), è che dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina, l’UE è stata il principale importatore di combustibili fossili dalla Russia, per un controvalore di 85 miliardi di euro. Mentre, secondo le stime, la guerra in Ucraina finora sarebbe costata al Cremlino circa 100 miliardi di euro.

È stato già detto, ma val la pena ricordarlo, ciò significa che l’UE da un lato sostiene militarmente e socialmente Kiev, mentre dall’altro, indirettamente, finanzia una parte dello sforzo bellico russo. Una situazione imbarazzante di cui tutti farebbero volentieri a meno, ed è per questo che l’Europa sta cercando di ridurre nel più breve tempo possibile la sua dipendenza dagli idrocarburi russi. Putin minaccia di bloccare completamente le forniture di gas all’UE se Bruxelles fisserà un tetto massimo al prezzo del metano. La realtà è che già oggi l’Europa ha ridotto di molto la sua dipendenza energetica da Mosca. Ma per reggere al caro energia il tessuto economico europeo ora necessita di aiuti mirati e di nuove fonti a prezzi abbordabili.