L'editoriale

La metamorfosi del terrorismo islamico in Occidente

La Francia ha commemorato ieri i 132 morti e gli oltre 350 feriti causati dagli attacchi terroristici del 13 novembre 2015 allo Stade de France, al Bataclan e in alcuni locali del centro di Parigi
Osvaldo Migotto
14.11.2025 06:00

La Francia ha commemorato ieri i 132 morti e gli oltre 350 feriti causati dagli attacchi terroristici del 13 novembre 2015 allo Stade de France, al Bataclan e in alcuni locali del centro di Parigi. Una buia notte di sangue che ha mostrato al mondo intero fino a dove può spingersi il fanatismo di matrice islamica. Il Paese è uscito da quella tragica esperienza con la volontà di rendere giustizia alle vittime di quella violenza mostruosa e di rafforzare le proprie difese, ma anche con il timore di possibili nuove azioni criminali da parte dei seguaci dell’estremismo islamico.

Un estremismo che, come abbiamo visto in questi ultimi dieci anni, ha colpito a più riprese in Francia e in diversi Paesi occidentali, come pure in Africa e Asia. Diversi francesi oggi temono ancora possibili nuovi attentati, anche se, rispetto al 2015, molte cose sono cambiate. I territori controllati dal cosiddetto Stato islamico in Medio Oriente sono stati strappati con la forza militare a tale organizzazione estremista che preparava molti volontari jihadisti giunti dall’Europa a compiere attentati terroristici nei Paesi di provenienza. Gli autori delle stragi di Parigi del novembre 2015 si erano in effetti addestrati nel territorio siriano controllato dall’ISIS.

Oggi lo Stato islamico non ha più un proprio territorio sul quale preparare la jihad in Europa, ma non per questo l’estremismo di matrice islamica è meno pericoloso. In diversi Paesi, Svizzera compresa, sono state innalzate barriere (leggi antiterrorismo più incisive, appositi gruppi di investigazione e una più stretta collaborazione tra i servizi di sicurezza di numerosi Stati) per contrastare la diffusione di un islam radicalizzato. Ciò ha impedito che si ripetessero massacri come quelli portati a termine a Parigi nel novembre del 2015 e a Nizza nel luglio del 2016, ma l’estremismo islamico continua a serpeggiare in Francia e in altri Paesi occidentali. Lo dimostra il fatto che anche quest’anno siano stati numerosi gli attentati sventati in Europa. Proprio negli scorsi giorni tre giovani francesi di 18, 19 e 21 anni sono state fermate nel loro Paese e incriminate per aver ideato un attentato contro luoghi pubblici di Parigi.

Un episodio che, unito ai dati statistici degli ultimi anni, lascia trasparire le nuove tendenze dell’islam radicale: un abbassamento dell’età media dei nuovi seguaci e la crescente presenza di giovani donne nell’ambito dei gruppi estremisti. Per quanto riguarda il caso specifico francese va poi ricordato che un altro elemento che suscita non poca preoccupazione è che spesso e volentieri gli integralisti religiosi pronti a colpire sono cittadini francesi. Lo ha ricordato ieri François Hollande, che all’epoca degli attentati di Parigi era il presidente francese. Rievocando quei tragici fatti Hollande ha sottolineato che la maggior parte dei dieci terroristi che colpirono in quel tragico 13 novembre avevano la cittadinanza francese.

Ciò richiama alla mente l’emarginazione in cui vivono molti cittadini di origine africana relegati nelle decadenti periferie delle grandi città. Un’esclusione sociale che funge da humus per quell’estremismo islamico che negli ultimi anni ha conosciuto una metamorfosi. Le menti dell’islam radicale puntano infatti su un nuovo tipo di indottrinamento, quello che si muove tra i social media tanto amati dalle nuove generazioni. A chi si sente emarginato e senza un futuro, gli estremisti islamici offrono un ruolo da protagonista, come attentatore solitario o anche all’interno di gruppi creatisi sui social. Basta un coltello o una vettura da lanciare sulla folla che la strage è dietro l’angolo. Un attento controllo su quanto accade sul web diventa dunque prioritario per contrastare l’estremismo islamico.