Editoriale

La mobilità europea messa in crisi

Frejus e Brennero: l'incidente nella galleria di base del San Gottardo non è l’unica interruzione nella geografia della viabilità europea
Ferruccio de Bortoli
Ferruccio de Bortoli
07.09.2023 06:00

Che strana sensazione scoprire di essere un po’ isolati in un mondo sempre più interconnesso. L’incidente del 10 agosto, nella galleria di base del San Gottardo, è all’origine di molti problemi nelle comunicazioni fra il Canton Ticino e il Nord non solo della confederazione. Non è però l’unica interruzione, e forse nemmeno la più grave, nella geografia della viabilità europea. Al di sotto delle Alpi, le regioni settentrionali italiane hanno scoperto all’improvviso che la Francia e l’Austria sono molto meno raggiungibili, soprattutto per il traffico commerciale. Ciò crea danni all’economia, esaspera le comunità locali per i conseguenti e colossali ingorghi. Il 4 settembre doveva chiudere (fino al 18 dicembre) il tunnel del Monte Bianco dal quale transitano circa 10 milioni di tonnellate di merci l’anno. L’inizio dei lavori di manutenzione è slittato per ragioni di forza maggiore.

Una frana in territorio francese ha provocato il blocco del flusso di treni e camion all’altro traforo italofrancese del Frejus. L’alternativa che si pensava potesse reggere alle conseguenze dello stop al collegamento tra Courmayeur e Chamonix. Il governo italiano insiste per far slittare la prima chiusura del Bianco (che serve solo per decidere la tecnologia da impiegare nelle opere di ristrutturazione) al prossimo anno. Parigi non è d’accordo e vorrebbe dare il via ai lavori appena sarà ripristinata la normalità al Frejus. Il tunnel del Bianco ha ormai 60 anni e ha bisogno di interventi indispensabili alla sicurezza. Nel 1999, si ricorderà, l’incendio di un mezzo pesante provocò la morte di 39 persone. Il blocco conseguente durò tre anni. Il piano di manutenzione del Bianco prevede interruzioni al traffico di tre mesi per diciannove anni. Un’eternità. Purtroppo l’ipotesi di scavare una seconda canna è stata sempre avversata per ragioni ambientali e di smaltimento dei materiali.

Negli stessi giorni, l’Austria ha limitato il passaggio dei TIR ai valichi del Brennero (da dove transitano quasi 50 milioni di tonnellate di merci l’anno) e Tarvisio (poco meno di 30 milioni) con una decisione che il governo italiano contesta in sede europea. Lunghe file e disagi. La sensazione di isolamento dal resto del continente, soprattutto del sistema economico italiano, si è trasformata in un’emergenza nazionale. L’opposizione alle opere pubbliche, inevitabilmente invasive per il territorio, si è molto affievolita. Specialmente contro la linea ferroviaria ad alta velocità Torino-Lione (57 chilometri) - fortemente avversata anche con violenze negli anni scorsi - che dovrebbe essere operativa, se tutto va bene, tra una decina d’anni. Si era formato un movimento «No Tav» che aveva trovato l’appoggio iniziale dei Cinque Stelle, poi convertitisi alla necessità dell’opera e oggi silenti.

E questo mentre procedeva lo scavo della galleria di base del Brennero (55 chilometri tra Fortezza e Innsbruck) che si prevede di aprire nel 2032. Qui gli italiani hanno operato meglio degli austriaci. I lavori per la realizzazione del terzo valico, indispensabile per completare il collegamento tra Genova e Rotterdam - che interessa direttamente la Svizzera - dovrebbero terminare, nell’analisi di Marco Morino su Il Sole 24 Ore, tra cinque anni. Opere gigantesche temute e allontanate nel tempo, sono ora - anche agli occhi dell’opinione pubblica - drammaticamente necessarie. Al punto che si vorrebbero ridurre i tempi di realizzazione e persino - anche questo è un paradosso, pericoloso però - di manutenzione.