L'editoriale

La partita dell'IA va oltre la bolla

La domanda di infrastrutture per l’intelligenza artificiale resta fortissima – E il sospetto di una frenata, o addirittura di uno scoppio imminente della bolla finanziaria è stato rimandato
Generoso Chiaradonna
22.11.2025 06:00

Non è stata solo una trimestrale brillante. Non è solo Wall Street in festa. Non è solo una reazione emotiva dei mercati. Quello che Nvidia, una delle MAG 7 dei listini statunitensi, ha mostrato con i risultati del terzo trimestre dell’anno, in forte crescita, è molto di più: è la fotografia del nuovo baricentro del potere economico mondiale. Oltre 57 miliardi di dollari di fatturato in un solo trimestre e quasi 32 miliardi di utile netto non sono numeri “di una semplice azienda”: sono i numeri di un’infrastruttura critica. Nvidia oggi non è soltanto un produttore di chip e di schede di memoria: è il cuore pulsante delle infrastrutture dell’intelligenza artificiale globale che stanno plasmando i modi di produzione e consumo dei prossimi decenni.

Gli investitori lo sanno. I governi lo sanno. I CEO delle Big Tech lo sanno. Ed è per questo che i mercati non aspettavano i numeri, ma una risposta a una sola domanda: l’IA è ancora locomotiva o stiamo correndo verso una bolla finanziaria? La risposta è, per ora, chiara: la domanda di infrastrutture per l’intelligenza artificiale resta fortissima. E il sospetto di una frenata, o addirittura di uno scoppio imminente della bolla finanziaria in stile dotcom di inizio anni 2000, è stato rimandato almeno fino alla prossima trimestrale.

Ma proprio qui sta il punto: non siamo davanti a un semplice ciclo tecnologico. Questo era chiaro da tempo, almeno da quando qualche decennio fa siamo entrati nell’era dell’informazione, ovvero da quando la conoscenza e la circolazione dei dati sono diventate centrali e più rapide rispetto allo spostamento fisico di beni o persone, grazie allo sviluppo di tecnologie digitali e della comunicazione. L’intelligenza artificiale, come tutte le tecnologie «distruttive» schumpeteriane che l’hanno preceduta – dal telaio meccanico alla locomotiva, passando per il telegrafo e tutto ciò che ha accelerato la comunicazione tra le persone – è qui per rimanere. Come accadde per le ferrovie alla fine del XIX secolo, oggi siamo davanti a una corsa alle infrastrutture strategiche del XXI secolo. Nvidia è il barometro della spesa globale in potenza di calcolo. E chi controlla quella potenza controlla la velocità dell’innovazione. L’intelligenza artificiale è quindi anche un’arma geopolitica da usare nel confronto con la Cina. Non è un caso che, a fianco del CEO di Nvidia Jensen Huang, compaiano sempre più spesso leader politici: il settore tecnologico è diventato politica industriale.

Donald Trump, che punta sull’intelligenza artificiale come asse portante del rilancio americano, lo ha capito perfettamente, un obiettivo che intende conseguire anche con i maxi investimenti promessi dal principe ereditario saudita Mohammed bin Salman, ricevuto nei giorni scorsi alla Casa Bianca con tutti gli onori. Bin Salman si è impegnato a investire mille miliardi di dollari in aziende statunitensi, un impegno che riguarda principalmente l’utilizzo delle riserve di petrolio e gas naturale dell’Arabia Saudita per trasformare il suo Paese in un hub di dati basati sull’intelligenza artificiale, impegno tradotto negli accordi siglati giovedì di questa settimana al forum di investimenti Usa-Arabia Saudita, dove in prima fila c’erano Jensen Huang e il miliardario della tecnologia Elon Musk.

Eppure, c’è un convitato di pietra che incombe su tutto questo: la Federal Reserve. Se la Fed decidesse il prossimo 10 dicembre di non tagliare i tassi – come molti analisti e i dati macroeconomici (disoccupazione in calo e inflazione in aumento) sembrano suggerire – non sarebbe solo una scelta tecnica: sarebbe un messaggio politico, un freno alla velocità della nuova economia proprio mentre il presidente americano vorrebbe accelerare. È anche per questo che Donald Trump non perde occasione di attaccare il presidente della Fed, Jerome Powell. È successo anche questa settimana davanti proprio a Bin Salman – che non è il portabandiera né della democrazia, né dei diritti umani – quando Trump ha dichiarato di «voler cacciare» Powell, definendolo anche «un malato mentale».

Questo scontro, neanche tanto silenzioso, tra politica monetaria e ambizione industriale, racconta molto del mondo in cui stiamo entrando: un mondo dove tecnologia, finanza e geopolitica non sono più compartimenti separati, ma un unico sistema integrato. I conti di Nvidia volano. I mercati finanziari respirano. Ma la vera partita non si gioca sui listini: è su chi costruirà le fondamenta dell’economia dell’intelligenza artificiale.