Editoriale

La Rete e noi, la necessità di un diverso approccio

Il rapporto tra minori e vita digitale: una questione di regole, ma soprattutto di educazione
Paolo Galli
07.08.2023 06:00

Prima che nascesse nostra figlia, mia moglie e io ce lo siamo ripetuto più volte: quando nascerà, dovremo darle il buon esempio e non usare lo smartphone di fronte a lei. Non troppo, perlomeno. Poi è nata, oggi ha cinque anni, e ci ha visti spesso trafficare tra social, media tradizionali e ricerche varie su Internet. Lei stessa sa già utilizzare YouTube, sa scrivere messaggini. La componente digitale è presente, fa parte della sua vita, come fa parte della nostra. E non entra in gioco solo nel tempo libero, ma in tantissime applicazioni quotidiane, chiamando in causa ormai sempre più spesso anche l’intelligenza artificiale.

Come in molti altri campi dell’educazione, occorrono alcune regole, un accompagnamento continuo e attento. Poi, dove non arriva - o dove sembra non arrivare - la famiglia, entra in gioco lo Stato. In Cina, per esempio - ed è notizia di pochi giorni or sono -, verranno presto introdotte severe limitazioni alla navigazione dei minori sui propri dispositivi, con Internet addirittura bloccato dalle 22 alle 6 per chi ha meno di 18 anni. Le autorità stabiliranno anche il tempo di utilizzo diurno, a seconda dell’età del giovane utente. Non è la prima volta che Pechino prova a imporre uno stop alla deriva digitale. Lo aveva già fatto con i videogiochi. Ora, con scopi anche politici – contro l’occidentalizzazione dei suoi giovani -, stringe le maglie del proprio intervento. Ancora non si sa come, ma verranno coinvolti i genitori degli stessi ragazzi, così come le imprese, chiamate a loro volta ad adeguare i propri algoritmi.

Tutto quello che è cinese, tendiamo a osservarlo con distacco, neanche fosse un’altra realtà. Va detto però che anche in Europa sono stati registrati tentativi di regolamentare l’utilizzo di Internet, o perlomeno dei social, da parte dei più giovani. Si è parlato, qua e là, a macchia di leopardo, di divieti e di argini. Anche in Svizzera. Scorrendo gli atti parlamentari, troviamo una recente mozione - depositata dalla Verde Valentine Python - che riguarda la sovraesposizione dei minori online, il cosiddetto sharenting. E poi varie interpellanze stuzzicano il Consiglio federale sull’applicazione delle possibili misure di controllo e di protezione. Insomma, il binomio «minori» e «Internet» resta insidioso, e lo è proprio per la natura stessa della Rete, fluida per definizione, aperta in più punti, in troppi punti. E l’esposizione dei minori a queste insidie è troppo spesso sottostimata dal mondo degli adulti, dei genitori, tanto per cominciare, ma anche delle autorità politiche. Il già citato sharenting è uno dei fenomeni che rientrano in questa riflessione. Negli scorsi giorni, Deutsche Telekom ha lanciato una nuova campagna pubblicitaria dall’effetto volutamente choc, che chiama in causa la stessa intelligenza artificiale e i deepfake, i video generati dalla AI. L’azienda di telecomunicazioni tedesca, la più grande d’Europa, rende attenti i genitori dei rischi che corrono condividendo le foto dei figli (ma anche le proprie). «Quelli che per voi sono ricordi, per gli altri sono dati e per me possono essere l’inizio di un futuro terribile», dice la protagonista.

Insomma, da una parte ci sono i rischi legati all’eccessivo, e scorretto, utilizzo di Internet (e di tutto quanto contiene) da parte dei minori - che può portare ad apatia, depressione, istinti suicidi, e comunque a una sorta di dissociazione dalla realtà -, dall’altra ci sono però anche gli errori commessi direttamente dagli adulti. Errori che poi si ritrovano sul conto dei figli. E che sono dovuti a una ignoranza di partenza, a una mancata consapevolezza di cosa l’utilizzo di questi strumenti comporti. Parliamo, non a caso, della necessità di un’educazione digitale, che parta dagli adulti e che, con maggiore facilità, possa arrivare ai minori, nativi di questa epoca, nativi digitali. Ecco allora che, al di là degli strumenti di regolamentazione, con la loro complessità di messa in pratica e con evidenti limiti di efficacia, occorre un nuovo modo di vivere la Rete. Servono misure là dove possibile, una lotta sempre più intensa e con sempre più mezzi al dilagare dei crimini digitali, a cominciare dalla pedopornografia, ma serve anche un diverso approccio alla materia, che possa permetterci di fare retromarcia rispetto ad alcune nostre cattive abitudini. Difficilmente questa rivoluzione potrà essere compiuta dalla generazione che ha inventato Internet e che si è ritrovata tra le mani una sorta di enorme buco nero di opportunità. La soluzione arriverà, con ogni probabilità, proprio dai più giovani, da quegli stessi nostri figli che oggi reputiamo indifesi e che - parafrasando papa Francesco, che a loro si è rivolto in occasione delle Giornate mondiali della gioventù, a Lisbona - sapranno andare oltre «le illusioni del virtuale», domando gli attuali strumenti e imponendo «la propria unicità».