L'editoriale

La scelta tra inflazione fuori target e recessione

Nell’ultimo trimestre dell’anno l’economia svizzera si è fermata. La crescita del PIL rispetto ai tre mesi precedenti è stata nulla
Generoso Chiaradonna
07.03.2023 06:00

Nell’ultimo trimestre dell’anno l’economia svizzera si è fermata. La crescita del PIL rispetto ai tre mesi precedenti è stata nulla. Lo ha certificato la Segreteria di Stato all’economia. Nei primi due mesi dell’anno l’Indice dei prezzi al consumo si è mosso ancora una volta verso l’alto: +3,3% a gennaio e +3,4 a febbraio. Lo dice l’Ufficio federale di statistica. Si tratta di dati, trimestrale quello sul PIL e mensili quelli sull’inflazione che ancora non sembrano compromettere l’anno dal punto di vista economico. Mancano ancora dieci mesi per tirare le somme e molto dipende anche da come vanno le economie europee attorno a noi. Ma sono due indizi che mettono in allarme. Se l’economia si ferma e il livello dei prezzi continua ad aumentare per un lungo periodo di tempo, si entrerebbe in quella fase del ciclo nota come stagflazione ovvero la presenza contemporanea di due fenomeni: l’inflazione e la mancanza di crescita economica. Una situazione che rischia di far deragliare le politiche monetarie delle banche centrali attualmente concentrate nel moderare le aspettative inflazionistiche di famiglie e imprese. Non sono infatti i banchieri centrali in sé a determinare il livello dei prezzi dei beni al consumo, ma gli attori economici (le stesse famiglie e imprese) che - presi come aggregato - ritardando le decisioni di investimento quando le attese sul costo per finanziarli tende a crescere, rallentano la dinamica economica e con essa l’aumento dei prezzi. Le banche centrali, compresa quella svizzera, in questa fase hanno quindi un ruolo delicatissimo perché potrebbero spingere loro malgrado, nel caso di aumenti sostanziosi e repentini dei tassi d’interesse, le rispettive economie in recessione. In questo caso sarebbe la conseguente crisi economica a «correggere» le distorsioni di prezzi e salari facendo aumentare la disoccupazione. Ma nessuno in teoria auspica una recessione per frenare l’inflazione.

Negli ultimi mesi dalla Federal Reserve alla BCE, passando per la Banca d’Inghilterra e dalla piccola BNS, la parola d’ordine è stata quella di «combattere» l’inflazione via aumento dei tassi d’interesse. Rispetto ai picchi della scorsa estate quando una concomitanza di fattori eccezionali (crisi energetica e aumento dei prezzi delle materie prime) facevano temere una imminente recessione, l’inflazione è sì scesa rispetto ai picchi raggiunti la scorsa estate, ma non in maniera convincente e soprattutto sufficiente per dirsi fuori pericolo. Nelle prossime settimane si riuniranno i consigli di BCE (il 16 marzo), Fed (22 marzo) e BNS (23 marzo) e si danno per scontanti altri ritocchi al rialzo dei tassi d’interesse che mettono – lo ricordiamo – pressione sui grandi debitori. Eppure, stando alla lettura dei mercati finanziari, sembra che l’allarme inflazione sia già rientrato: le strozzature nelle catene globali causate dai lockdown si sono risolte; i prezzi di gas e petrolio sono scesi ai livelli precedenti l’invasione russa dell’Ucraina e il mercato del lavoro appare in buona salute. Negli Stati Uniti, per esempio, ma nell’Eurozona è avvenuta la stessa cosa, i listini azionari negli ultimi cinque mesi hanno praticamente azzerato se non recuperato integralmente quanto perso in precedenza. L’indice S&P 500 statunitense ha guadagnato dall’inizio dell’anno oltre l’8%.

 La trasmissione della dinamica inflattiva, quella di fondo ovvero depurata dalle variazioni dei prezzi di petrolio e prodotti alimentari freschi, in questo periodo più che dal settore industriale che ha ormai incorporato gli aumenti dei fattori produttivi, incluso il lavoro, avviene attraverso quello dei servizi che è più esposto agli aumenti di costo di quest’ultimo. Per questa ragione l’obiettivo della BNS – ma non solo - di riportare sotto il 2% l’anno l’aumento generale dei prezzi potrebbe diventare la strada più rapida verso la recessione.