L'editoriale

La sfida dei migranti e le intese con i dittatori

La situazione di emergenza creatasi nell’isola di Lampedusa ha messo in luce il persistere di carenze a livello europeo nella gestione del fenomeno migratorio
Osvaldo Migotto
19.09.2023 06:00

La situazione di emergenza creatasi nell’isola di Lampedusa con l’arrivo, in poco più di una settimana, di quasi 10.000 migranti dal Nord Africa, ha messo in luce il persistere di carenze a livello europeo nella gestione del fenomeno migratorio. Domenica la presidente della Commissione UE Ursula von der Leyen ha mostrato alla premier italiana Giorgia Meloni la solidarietà di Bruxelles recandosi in visita con lei nell’isola del Sud Italia colma di migranti. Mentre i flussi migratori verso l’Europa si intensificano, la von der Leyen ha promesso un piano in 10 punti che tra l’altro prevede rimpatri più veloci per gli extracomunitari a cui non viene riconosciuto il diritto d’asilo, corridoi umanitari per l’immigrazione legale, nonché l’ntensificazione della sorveglianza aerea e navale attraverso Frontex (l’agenzia europea della guardia di frontiera e costiera) per bloccare i trafficanti di esseri umani.

Si tratta di buone intenzioni, ma diversi punti del piano promesso dalla von der Leyen ricalcano proposte già avanzate in passato che non hanno sortito l’effetto sperato, in particolare l’attivazione del meccanismo volontario di solidarietà per accogliere migranti dall’Italia. Roma ha apprezzato la solidarietà espressa all’Italia dalla presidente della Commissione, ma già ieri l’Esecutivo guidato dalla Meloni ha annunciato una serie di misure restrittive volte a scoraggiare l’arrivo in massa di migranti dal Nord Africa. Spicca in particolare l’allungamento a 18 mesi del tempo massimo di trattenimento dei migranti in vista del rimpatrio. Si vuole evitare che persone che non hanno diritto all’asilo fuggano dai centri di accoglienza prima dell’espulsione.

Soluzioni che troveranno il plauso da parte di chi sollecita una risposta dura all’emergenza migranti. Ma vi è da chiedersi quale sarà la loro reale portata sul fenomeno, anche in considerazione del fatto che per trattenere fino a 18 mesi i migranti in attesa di «giudizio», ci vorranno apposite strutture di sicurezza di cui l’Italia al momento non sembra disporre. Per far fronte all’insostenibile pressione migratoria che la vicina Penisola sta subendo dall’inizio dell’anno, occorrerebbero misure a breve termine, e questo non solo per il bene del Governo Meloni, ma anche per i Paesi, Svizzera compresa, che in seconda battuta devono far fronte ai flussi migratori che l’Italia non riesce a bloccare. A Berna la Segreteria di Stato della migrazione lo scorso agosto ha registrato 3’001 domande di asilo, ossia il 38,4% in più rispetto a luglio e 955 in più del medesimo mese del 2022. Non stupisce dunque che l’emergenza migranti sia tornata prepotentemente d’attualità nel dibattito politico svizzero, ma anche in quello di diversi Paesi europei.

Soluzioni facili e immediate all’allarmante fenomeno al momento non se ne vedono, anche perché, come ha recentemente sottolineato la premier italiana, le partenze illegali dal Nord Africa sono la conseguenza di una congiuntura internazionale difficile che viene ad aggravare i problemi che già avevano i Paesi africani, confrontati con un’instabilità crescente, in modo particolare nella zona del Sahel, teatro di colpi di stato, calamità naturali e jihadismo. Ciò potrebbe portare milioni di persone a voler lasciare la propria nazione per cercare un futuro migliore in Europa. Un chiaro campanello d’allarme arriva anche dall’Alto commissariato dell’ONU per i rifugiati, secondo cui le partenze di migranti dalla Tunisia nel 2023 sono aumentate del 260% rispetto al periodo gennaio-agosto del 2022.

Ora Giorgia Meloni e Usula von der Leyen spingono affinché venga attivato l’accordo raggiunto tra Tunisi e UE che chiede alle autorità del Paese nordafricano di bloccare le partenze di migranti dalle proprie coste in cambio di sostanziosi aiuti allo sviluppo economico per il Paese guidato dal presidente autoritario Kais Saied. Nel 2008 l’allora premier italiano Silvio Berlusconi era riuscito a raggiungere uno storico accordo con il dittatore libico Gheddafi, si tratterà ora di vedere se anche l’UE saprà trarre benefici da un’intesa con un partner tutt’altro che democratico.