L'editoriale

La sfida è contarsi per contare di più

Riflessioni in vista della vera corsa elettorale del 2023: la conquista dei 90 seggi in Gran Consiglio - La sinistra e l'insidia dei partitini
Gianni Righinetti
28.11.2022 06:00

Il weekend alle spalle ha suggellato l’alleanza rossoverde per la corsa al Governo con l’ormai scontato via libera definitivo da parte degli ecologisti. I socialisti la loro parte l’avevano fatta due settimane fa, lavando i panni sporchi in casa, mettendo fuori dai giochi Amalia Mirante e proiettando Marina Carobbio in Consiglio di Stato. Anche questo passo apparteneva alla categoria delle questioni scontate. Il PS è così riuscito a mettere in cassaforte il proprio seggio con un’operazione win-win per la dirigenza: ad aprile la bandiera del PS non rischierà di finire a mezz’asta e con Carobbio in Governo la sinistra si garantisce una continuità all’insegna del socialismo puro e duro. Queste sono senz’altro importanti certezze, ma altre ad oggi non se ne vedono per la sinistra. I partiti di Governo hanno chiuso i giochi interni per la corsa al Consiglio di Stato ed ora si aprono quelli per la partita che più conta: l’attribuzione dei 90 seggi in Gran Consiglio. È nel Legislativo e ancora prima nelle commissioni parlamentari che si indirizza la linea politica, un gremio nel quale non vale il principio governativo della collegialità, ma domina quello della contrapposizione tra sgambetti e alleanze strategicamente interessate. Mai dettate da una spontanea lungimiranza politica nell’interesse del cittadino. In barba alle belle parole che ogni quadriennio ci dicono all’unisono gli eletti per farci dormire sonni apparentemente tranquilli. In Parlamento ognuno cura interessi propri, talvolta strettamente di bottega. Ai partiti d’ora innanzi conviene mettere da parte l’orgoglio e i sogni di contare di più in quel Governo che ha sì una puntuale guida politica per singolo dipartimento, ma dietro a spingere o determinare la rotta ci sono centinaia (e più) funzionari: cervello e muscoli di ogni scelta cantonale. Il Governo discute e poi trova una soluzione meditata: talvolta a lungo. Il Parlamento elabora soluzioni che sin dall’inizio poggiano sui numeri, quelli che suddividono tutto e tutti tra maggioranza e minoranza. Poter contare su più voti significa mettere una tacca in più alla voce «vittorie». Senza i numeri in Parlamento si fa davvero poco. Certamente si può essere protagonisti a parole, fare ostruzionismo usando in maniera spavalda i pochi spazi che offre il rigido regolamento che, e questo è un po’ paradossale, finisce per trasformare il Parlamento in una camera di ratifica, limitando in maniera drastica i dibattiti. Ma, alla prova dei fatti, va bene così, dato che le discussioni arricchenti con soluzioni politiche innovative e contraddistinte da «guizzi politici» sono merce rara. Poi c’è l’MPS, piccola forza maestra nell’opera di fare il bastian contrario, con un gran fiuto politico, capace di solleticare i nervi più sensibili dell’elettore con puntuali iniziative popolari in grado di vincere o non sfigurare. Ed è da sempre una spina nel fianco del PS.

Con le regole attuali la soglia per accedere al Parlamento è all’1,1%: nel 2012 c’era stato un tentativo di portarla al 4% per frenare la frammentazione. Mossa fallita e ora stiamo terminando la legislatura con il numero più grande di partiti per l’aumento dei rappresentanti dei cosiddetti partitini oltre quel piccolo scalino dell’1,1%. Ben 9 sono le forze politiche, con una sempre più ampia frammentazione a sinistra, ma c’è chi pesca anche al centro. Ora sappiamo che anche Mirante darà vita a un suo soggetto partitico o movimentista, il vertice del PS si è affrettato nel manifestare curiosità, non preoccupazione. Curiosi lo siamo un po’ tutti, ma il PS sa bene che con i soli 13 seggi conquistati nel 2019 fatica tremendamente a trovare alleanze e scendere ulteriormente rischierebbe di fargli perdere posti nelle commissioni. L’alleanza con i Verdi sarà positiva a livello di corsa al Governo, ma per il Parlamento ognuno conterà i suoi voti e i suoi deputati. Salvo sorprese i rossoverdi non uniranno le forze formando un solo gruppo in Parlamento. Come pure non lo faranno Lega e UDC. Lega che, pur avendo la maggioranza relativa nell’Esecutivo, è solo la seconda forza nel Legislativo con 18 seggi, cinque in meno del PLR. Ma uno degli ostacoli concreti generato dall’avanzata dei partitini è il fatto che per raggiungere quota 46 voti occorrono almeno i deputati di tre forze.

Tutto sta diventando maledettamente complicato e nessuno può stare sereno nel comporre le liste del Gran Consiglio che, complice la forte avanzata del partito della scheda senza intestazione (nel 2019 al 19,7%), pone la necessità di rendere sempre più personalizzata la discesa in campo. L’etichetta del partito rimane importante, ma il modo di porsi del candidato al grande pubblico può attirare preziosi voti personali. La vera sfida delle cantonali del prossimo aprile sarà il Gran Consiglio con un solo obiettivo: contarsi per contare di più.

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