La situazione economica è fragile e mutevole

Politica monetaria invariata, ma prospettive economiche «offuscate», per usare un termine della Banca nazionale svizzera. La BNS si aspetta per quest’anno ancora un tasso di crescita del PIL compreso tra l’1% e l’1,5%, ma per il prossimo anno la previsione si abbassa sotto l’1%. In tale contesto, la disoccupazione è prevista in aumento. La prudenza è dovuta alla congiuntura internazionale, che continua ad avere - per usare un eufemismo - un grado di incertezza molto alto. Le guerre commerciali e quelle vere e proprie non aiutano né l’umore delle imprese né quello dei consumatori. A livello globale, i dazi statunitensi dovrebbero frenare il commercio internazionale e ridurre il potere d’acquisto delle famiglie negli Stati Uniti. Inoltre, la persistente forte incertezza ha un impatto negativo sull’attività di investimento delle imprese. L’inflazione negli Stati Uniti dovrebbe rimanere «vischiosa» ancora per un certo tempo. Nell’area dell’euro, invece, i vertici della BNS spiegano che essa dovrebbe confermarsi vicina al valore obiettivo, cioè al di sotto del 2% l’anno. In Svizzera, nel secondo trimestre, la crescita economica è risultata debole. Dopo un «vigoroso» incremento nel trimestre precedente, il Prodotto interno lordo (PIL) è aumentato appena dello 0,5%. Le forti oscillazioni nella prima metà dell’anno sono attribuibili principalmente all’industria farmaceutica, in cui il valore aggiunto è cresciuto notevolmente nel primo trimestre in seguito all’anticipazione delle consegne negli Stati Uniti. Nel secondo, invece, si è osservato un movimento eguale e contrario, mentre i comparti dei servizi hanno sostenuto la congiuntura. La disoccupazione, però, ha continuato a salire negli ultimi mesi.
Per quanto riguarda la Svizzera, le prospettive economiche, come detto, si sono offuscate prevalentemente a causa del netto aumento dei dazi statunitensi. Questi dovrebbero frenare soprattutto le esportazioni e gli investimenti. Particolarmente colpite sono le imprese dell’industria meccanica e orologiera, mentre le conseguenze per altri settori, in particolare nei servizi, sono finora limitate. Molti indicatori congiunturali segnalano pertanto una situazione globalmente stabile, ma risultano fuorvianti per i settori più esposti al mercato statunitense.
È notizia di mercoledì di questa settimana che le piccole e medie imprese (PMI) del comparto MEM (meccanica, elettronica e metallurgia) stanno subendo più di altre i contraccolpi del protezionismo di Donald Trump. Secondo un sondaggio commissionato dall’associazione di categoria Swissmechanic all’istituto di ricerca BAK Economics, quasi la metà delle aziende interpellate ha visto peggiorare gli ordinativi. Il dazio imposto ai prodotti svizzeri esportati negli Stati Uniti in questo settore è pari al 39% e, unito alla svalutazione del dollaro rispetto al franco di quasi il 10% negli ultimi sei mesi, ha fatto aumentare di quasi il 50% i costi dei beni svizzeri negli USA. Le imprese non stanno però subendo passivamente la situazione. Molte stanno cercando di sviluppare nuovi mercati (il 27% degli interpellati dal BAK), altre (il 23%) stanno cercando di ridurre i costi di produzione o di limare i margini di guadagno e un altro 23% dei partecipanti al sondaggio confida nel lavoro ridotto per fronteggiare la crisi, che si spera sia ancora momentanea. A oggi non c’è alcun accordo tra Svizzera e Stati Uniti per limitare l’impatto delle tariffe doganali e nulla fa presagire che ce ne sia uno in arrivo. L’orizzonte temporale dei dazi è dunque indeterminato. La stessa BNS non esclude che le barriere commerciali possano essere ulteriormente innalzate e portare a un maggiore rallentamento dell’economia mondiale con ricadute negative per tutti.
È quindi il prossimo anno che la situazione congiunturale potrebbe peggiorare ancora di più. Non solo la BNS, anche la Seco – la Segreteria di Stato per l’economia – solitamente prudente, potrebbe rivedere nei prossimi giorni al ribasso le sue previsioni sul PIL per l’anno prossimo, riducendole, nello scenario più pessimista, fino all’orlo della recessione.