L'editoriale

La sottile linea rossa dei banchieri centrali

Oggi e domani due importanti istituti, Fed e BCE, comunicheranno come proseguirà la politica monetaria. Sono attesi ritocchi al rialzo dai 25 ai 50 punti base.
Generoso Chiaradonna
01.02.2023 06:00

La Federal Reserve e la Banca centrale europea «stanno giocando con la recessione. La loro azione sui tassi d’interesse non si fermerà presto, semplicemente perché non si vedono ancora gli effetti della loro stretta sulla crescita, sulla borsa, sul mercato del lavoro o sul mercato immobiliare. Ma il gioco con gli investitori comporta il rischio che gli istituti centrali, per affermare la loro credibilità, vadano oltre e causino un crollo repentino».

È quanto ha affermato un paio di settimane fa a Davos Raghuram Rajan, già governatore della banca centrale indiana. Ai più Rajan non dice nulla, ma l’economista indiano già nel 2005 aveva anticipato il crollo finanziario di tre anni dopo. Secondo Rajan a spingere i governatori delle principali banche centrali a non fermarsi sulla strada della stretta monetaria imboccata sette mesi fa, è il buono stato di salute del mercato del lavoro. Un fattore che vale soprattutto per gli Stati Uniti. Insomma, fino a quando il tasso di disoccupazione rimarrà a livelli storicamente bassi (attualmente al 3,5%) la Fed non darà segnali di fine corsa. Ci sono inoltre da tenere sotto controllo l’esuberanza dei mercati finanziari - che al primo tentennamento dei banchieri centrali sono pronti a ripartire come se nulla fosse successo - e continuare comunque a moderare le attese inflazionistiche. Quest’ultimo aspetto sembra un po’ passato in secondo piano alla luce dei leggeri cali registrati della cosiddetta inflazione globale. Quella ‘core’ o di fondo, ovvero depurata degli aumenti dei costi energetici e degli alimenti freschi è invece rimasta ancora a livelli elevati. O meglio, è scesa, ma meno dell’immaginato. La comunicazione chiara e trasparente al mercato della continuazione e dell’intensità dei rialzi dei tassi è quindi cruciale per trasmettere agli operatori economici (imprese e famiglie) gli effetti della politica monetaria.

Nell’Eurozona, invece, l’inflazione di fondo ha continuato a salire. La diminuzione di quella globale registrata negli ultimi mesi dello scorso anno – come sottolineato da vari commentatori - è dovuta più al calo dei prezzi delle materie prime che all’azione della BCE. E il motivo è presto detto: il livello di inflazione è diversissimo a seconda delle economie prese in considerazione tanto che si va da oltre il 20% della Lituania, al 5,6% della Spagna oppure all’11% dell’Italia. Proprio per questo Christine Lagarde, presidente della BCE, dovrà ancora mantenere il piede premuto sull’acceleratore dei tassi d’interesse. E ciò per continuare a dare un segnale di stretta ai mercati. È quindi probabile che domani venga annunciato un aumento di 50 punti base al tasso direttore portandolo dal 2,50 al 3%. La Fed invece dovrebbe aumentare di «soli» 25 punti base il suo tasso guida: dal 4,5 al 4,75%. Nonostante questa «normalizzazione» della politica monetaria, l’inflazione - per ragioni diverse da una parte e dall’altra dell’Atlantico - continuerà a rimanere alta. E il motivo è da ricercare sempre nei prezzi delle materie prime che potrebbero di nuovo conoscere una fiammata verso l’alto. Il ritorno della Cina sulla scena internazionale, dopo quasi tre anni di chiusure e ripartenze a singhiozzo a causa della COVID, potrebbe immettere quel carburante in grado di far ripartire la macchina inflazionistica a livello globale. La ripresa post pandemica che hanno conosciuto le economie occidentali potrebbe ripetersi anche per Pechino. La maggiore domanda di gas, petrolio e di altre materie prime potrebbe far aumentare i prezzi nei prossimi mesi. La Cina, infatti, importa i due quinti del petrolio globale, oltre la metà del rame e del nichel e tre quinti del gas naturale liquefatto.

Se si tiene conto anche di questo scenario, la responsabilità delle banche centrali diventa cruciale nella tenuta dell’economia: per riaffermare il loro ruolo di gendarmi monetari agli occhi dei mercati, rischiano di causare danni peggiori come ricorda Rajan.