L'editoriale

La Svizzera e il suo ruolo in un mondo stravolto

Non stiamo facendo retorica: migliorare l’alleanza tra tutti gli svizzeri è una esigenza che si fa sempre più vitale
Paride Pelli
31.07.2025 06:00

Negli ultimi anni ogni Primo agosto abbiamo ribadito su queste colonne, e con convincimento, che la nostra festa nazionale è e dovrebbe restare una imperdibile occasione per superare le dissonanze politiche e le polemiche interne alla Confederazione, e per gettare ancora una volta, come accade da secoli, i semi di una convivenza futura sempre più stretta. Non stiamo facendo retorica: migliorare l’alleanza tra tutti gli svizzeri è una esigenza che si fa sempre più vitale. L’ultimo lustro, infatti, sta propinando anche a noi, e a getto continuo, non pochi elementi di divisione, con qualche colpo basso qua e là. Pensiamo solo a cosa è stata in termini psicologici e politici la pandemia, che abbiamo saputo superare senza drammi sociali solo in virtù di una radicata cultura di collaborazione reciproca e di flessibilità. Oppure andiamo con la mente, e con il portafogli, ai pesanti rincari generalizzati degli ultimi tempi, che sono diventati motivo di preoccupazione per le famiglie che, ora, stanno iniziando a pensare al futuro con meno serenità. Sono, questi, urti non indifferenti anche per la più solida delle democrazie, dal momento che la democrazia così come l’abbiamo conosciuta negli ultimi decenni è inseparabile da una relativa tranquillità economica alla portata di tutti. Ci sentiamo comunque di affermare che la situazione interna elvetica, almeno dal punto di vista della coesione sociale, appare stabile, e sia detto al di là di quanto discuteremo sulle prossime iniziative popolari (ce ne sono in programma di «vivaci» dal punto di vista culturale). Le vere sfide alla nostra stabilità sociale ed economica, nonché alla sicurezza, giungeranno, a parer nostro, sempre più dall’esterno. Il mondo si sta infatti profondamente ridisegnando dal punto di vista geopolitico. È inoppugnabile. L’arrivo, per la seconda volta, di Trump alla Casa Bianca ha aperto una nuova epoca nei rapporti tra Nuovo e Vecchio Mondo, Svizzera compresa. Il cosiddetto Occidente non è più un blocco unico. Ad aprile scorso, dopo il lunedì nero delle Borse a seguito dell’annuncio del tycoon sui dazi generalizzati, abbiamo intitolato un nostro commento «Stati Uniti ed Europa separati in casa». Oggi, soprattutto dopo la débâcle dell’UE nell’accordo sui dazi di domenica scorsa, non possiamo che confermare questo titolo «forte» e aggiungere mestamente che anche Berna non potrà prescindere da questa inedita situazione. Ci sono poi le guerre in corso: Ucraina e Gaza su tutte. La Svizzera ha saputo mantenere, tutto sommato, la barra dritta, ma a costo di cedere, nel primo caso, un po’ della propria reputazione di Paese neutrale (anche se speriamo ancora di poter vedere i colloqui di pace tra Mosca e Kiev prender sede a Ginevra). Per quanto riguarda il Medio Oriente, invece, si tocca con mano quanto il popolo svizzero vorrebbe poter fare di più, ma la nostra diplomazia, forse per la prima volta, sta mostrando segni di eccessiva e fin quasi inspiegabile esitazione. Già, nelle ultime settimane abbiamo potuto toccare con mano quanto tra la popolazione svizzera sia trasversale e sentita la solidarietà verso i palestinesi, che stanno attraversando una catastrofe umanitaria senza precedenti, che arriva a noi solo sotto forma di immagini che paiono uscite da un’altra epoca. È un bel segnale che gli svizzeri sappiano ancora commuoversi e indignarsi per cause all’apparenza lontane ma che in realtà riguardano la coscienza di ciascuno di noi. Insomma, tutto è legato oggigiorno, la politica interna come la estera, e lo sarà sempre di più. Ragion per cui questo Primo agosto è veramente un’occasione per riflettere non solo sulla nostra patria, che amiamo, ma anche e soprattutto sul suo ruolo in un futuro che vedrà stravolgersi non poche situazioni che per decenni abbiano ritenuto stabili, tanto da darle quasi per scontate. Dentro e fuori i confini nazionali. 

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