La volontà di Cassis di riunire il Paese

Lungo il tragitto luganese che ieri l’altro portava gli ospiti ai festeggiamenti in onore del presidente della Confederazione Ignazio Cassis erano disseminate cinque parole. Cinque parole che spiccavano a caratteri cubitali tra il parco Ciani e il Centro Esposizioni, a designare i valori su cui si incardina fin dall’inizio l’operato del consigliere federale ticinese: Svizzera - ça va sans dire -, innovazione, dialogo, pluralità e coesione. Soprattutto quest’ultimo è un termine che ritorna spesso nel vocabolario di Cassis e per una ragione ben precisa: il ticinese è stato eletto a guidare il nostro Paese in un anno a dir poco particolare. Gli strascichi della pandemia che si mischiano con lo scoppio della guerra in Ucraina, le residuali ansie legate alla COVID che si intrecciano con le preoccupazioni economiche di famiglie e imprese: non si può certo affermare che questo sia un periodo semplice per chi ricopre il ruolo di presidente della Confederazione. A maggior ragione se allo stesso tempo si è pure ministro degli Esteri con, di fatto, una guerra alle porte dell’Europa che crea incertezza a più livelli. Circostanze, queste, che stanno lasciando il segno, si spera non permanente, anche su Paesi di salda stabilità come il nostro: il clima che si respira in Parlamento, le pressioni sui consiglieri federali - non solo per il loro agire politico ma anche per la loro condotta privata - e gli animi non di rado esacerbati sono qualcosa che in Svizzera non si vedeva da generazioni. È pur vero che, nel contesto geopolitico attuale, Berna ha in qualche modo dovuto schierarsi: questo ha causato attriti politici inediti e difficili da gestire per lo stesso Cassis, che ha puntato sul concetto di «neutralità cooperativa» - di fatto un vero ossimoro - non riuscendo a farlo approvare dai colleghi di Governo. A Lugano Cassis ha ricevuto l’abbraccio degli amici e delle persone che credono nel suo lavoro e che riconoscono le enormi difficoltà con cui si deve attualmente confrontare. E che apprezzano il suo impegno, che mai è venuto meno. Può capitare infatti proprio ai politici ticinesi a Berna, rappresentanti di una minoranza linguistica e geografica, di voler a tutti i costi lasciare un’impronta duratura, un’eredità degna di stima e onore: Cassis ci sta provando, mediando tra interessi sovranazionali e interessi del popolo. Ma dalle parole proferite anche a Lugano emerge soprattutto la sua volontà di ricompattare un Paese ora diviso e litigioso, a partire da Palazzo federale. Un intento nobile, una missione davvero ardua.