L'editoriale

L’aumento dei costi che turba gli svizzeri

È l'estate degli incendi, anche sul fronte dei prezzi: da mesi non si sente discutere d’altro che di inflazione, al netto delle classiche polemiche vacanziere e del gossip da ombrellone
Paride Pelli
23.08.2023 06:00

È l’estate degli incendi, in tutti i sensi. Oltre a quelli, spaventosi, che hanno devastato le Hawaii e quelli dolosi che hanno criminalmente colpito la Sardegna, per non parlare di altre parti del mondo, c’è anche, molto più insidioso e vicino a tutti noi, l’incendio dei prezzi. Da mesi non si sente discutere d’altro che di inflazione, al netto delle classiche polemiche vacanziere e del gossip da ombrellone. L’Europa, per varie ragioni che non possono essere ridotte soltanto alla guerra in Ucraina o all’impegnativa transizione ecologica, è sotto il giogo di un generale e vertiginoso aumento dei prezzi - non sempre giustificato e giustificabile - lungo tutta la filiera e in particolare nella coda finale, quella che coinvolge la gente comune, i consumatori. La Confederazione, purtroppo, non fa eccezione. Un sondaggio condotto da bonus.ch ha rivelato che anche da noi quasi l’80% delle persone assicurate (dato che sale addirittura all’88% per il Ticino) è preoccupato per le proprie finanze e in un modo o nell’altro, chi più chi meno, è costretto a diminuire le uscite o prevede di farlo. Il 18% taglierà addirittura le spese vive e quelle per i generi di prima necessità; altri, più «fortunati», rinunceranno invece alle vacanze (o a una parte di esse) e ai divertimenti. Sono cifre che, soprattutto nella benestante Svizzera, non possono non dare da pensare. Anche perché da noi l’inflazione è ancora tra le più basse del continente. La ragione principale dietro questa necessità di tirare la cinghia è sempre la stessa da anni, soprattutto per il Ticino: l’aumento fuori controllo dei costi delle casse malati. Dopo la stangata sui premi di quest’anno, molti di noi stanno già puntando lo sguardo, preoccupati, sull’aumento previsto per il 2024: e si parla in questo caso di un 6% a livello nazionale, con il Ticino candidato ad aumenti sopra la media elvetica. Anche a questo giro lo Stato cercherà di rendere il rincaro sopportabile modulando sussidi e deduzioni, e se non ci fossero questi interventi, ormai divenuti d’ordinaria amministrazione, quasi scontati, la situazione sarebbe molto più difficile, tanto da compromettere il generale tenore di vita ticinese e lo sviluppo economico. Finora il sistema ha retto, o quantomeno non ha creato tensioni sociali, ma più che in passato oggi dobbiamo davvero interrogarci: i rincari, infatti, stanno diventando generali, a tutti i livelli. Agli aumenti di cassa malati, dobbiamo infatti aggiungere quelli dei vari tassi ipotecari o di interesse che regolano i nostri acquisti, e quelli riferiti al costo (in ascesa) della quotidianità, dai trasporti alla benzina, dai generi alimentari fino ai ristoranti. Bisogna poi dire che questi sono anni eccezionali. Dallo scoppio della pandemia in poi, l’instabilità è purtroppo diventata una compagna di strada. Nessuno può dire se il prossimo decennio sarà di placida crescita oppure pieno di incognite. Più probabile la seconda, con una sola certezza: i prezzi che oggi salgono non diminuiranno. Nella migliore delle ipotesi, resteranno tali.

Probabilmente, questo autunno l’incendio dei prezzi non sarà solo un argomento di discussione, ma una vera e propria spada di Damocle che costringerà diverse economie domestiche a modificare, in piccola o in larga parte, le proprie uscite. Alcuni settori - ça va sans dire - ne soffriranno. Dove possibile, lo Stato continuerà a gettare acqua sulle fiamme, spegnendo qua e là dei focolai: ma forse è arrivato davvero il momento di chiedersi – anche perché sono soldi pubblici, cioè alla fine paghiamo sempre noi – perché non si riesca a passare qualche anno senza che un incendio, peraltro previsto, non riesca a essere spento sul nascere.