L'editoriale

Le imposte, lo sciopero e la spinta dei giovani

Dal meccanismo del freno ai disavanzi, alla corsa alle «cadreghe» passando dal guizzo del Governo che guarda con fiducia al domani
Gianni Righinetti
27.02.2024 06:00

Le dinamiche che emergono chiaramente dall’analisi della situazione finanziaria del Cantone alla luce delle rinunce d’intervento che hanno contraddistinto il Preventivo 2024 e gli oneri che ricadranno giocoforza sui conti del 2025 sono un po’ il fil rouge di questa complicata stagione politica. Se per l’anno in corso il Parlamento è riuscito a fermarsi a un paio di centimetri (1,9 milioni di franchi) da quella soglia ghigliottina che avrebbe dato il via al meccanismo finalizzato all’aumento delle imposte. Quel freno ai disavanzi che i cittadini nel 2014 hanno deciso di inserire nella Costituzione cantonale. Dopo che è stato disatteso il tanto discusso «decreto Morisoli» voluto nel 2022 dai cittadini per spingere la politica a cambiare paradigma facendo proprio il principio del risparmio per mettere un limite all’inesorabile esplosione della macchina-Stato, ecco in potenza la beffa per tutti i ticinesi: perché se i risparmi non bastano e il freno scatta, saremo chiamati a contribuire con aggravi fiscali. Il freno è un principio costituzionale, mentre il famoso decreto è «solamente» di rango legislativo, ma il paradosso rimane intatto. La questione «freno ai disavanzi» è squisitamente tecnica, non deve generare panico o pessimismo, ma indurre tutti ad agire. Restando con le mani in mano nulla cambierà, semmai l’inazione porta sempre a un progressivo peggioramento e scivolamento verso il basso. Un po’ per lassismo un po’ perché senza interventi attivi il Cantone ha dimostrato una palese incapacità nel contenere e mettere un freno prima di trovarsi investiti da nuovi oneri per foraggiare la già costosa macchina statale.

Discorsi che in questi giorni di grande trasporto emotivo per lo sciopero annunciato giovedì 29 febbraio potrebbero apparire fuori dal tempo e dal contesto. Perché porre qualche osservazione critica sulla decisione di incrociare le braccia fa crescere i fischi e l’indignazione. Eppure ci sono delle cose che vanno dette, a costo di sfidare la mannaia della popolarità. Questo sciopero era stato «ragionato» quando si credeva che il Parlamento avrebbe discusso il preventivo in marzo, mentre arriva a conti già approvati, con il plenum che ha dato un colpo di spugna alla misura del contributo di solidarietà del 2% sulle spalle degli statali. Il Gran Consiglio ha sì avanzato la misura finalizzata alla non sostituzione dei partenti nella misura del 20% (è pendente un ricorso al Tribunale federale) mentre il Governo ha optato per una delle tre opzioni previste dalla legge per la questione «rincaro». Ha deciso di non riconoscerlo integralmente o parzialmente, mettendo sul tavolo una terza soluzione nella forma di contributo di 400 franchi, aggiungendo due giorni supplementari di vacanza. La situazione non appare tesa come la si vuole dipingere, ma c’è chi ha deciso di esasperarla, sulla spinta del movimento Erredipi che, ingolosito, guarda ai posti nel futuro CdA della Cassa pensioni dei dipendenti dello Stato e gioca il ruolo di braccio armato dell’MPS. La VPOD, e il suo segretario in corsa per il Municipio di Lugano, ha colto la palla al balzo, mentre l’OCST, pur facendo dei distinguo tra categorie di statali, non poteva chiamarsi fuori. Insomma, una situazione di protagonisti e ostaggi. Il tutto, se non fosse chiaro, per sottolineare che verginelle non ve ne sono in nessuno dei fronti e che questo sciopero fa pure rima con «cadrega». E, in vista di giovedì, per misurarne l’impatto non basterà contare le persone che scenderanno in piazza in serata, ma sarà bene valutare la reale astensione dal lavoro nel corso della giornata. A fare specie è che, imperterrito, c’è chi reputa il risanamento dei conti cantonali uno sfizio del quale si può fare allegramente a meno perché, tanto, prima o poi, qualcuno provvederà. Questa è superficialità che sfocia nella faciloneria: i conti (e i debiti) prima o poi si pagano.

La classe politica contemporanea sembra poco cosciente della responsabilità che grava sulle sue spalle. Ma, per una volta, ad aprire a tutti bene gli occhi nella giusta direzione è il Consiglio di Stato, protagonista di un guizzo che, lo auspichiamo, possa essere in grado di dare vita a una svolta coscienziosa e responsabile. Nel programma di Legislatura 2023-2027 il presidente del Consiglio di Stato Raffaele De Rosa esorta e sprona i giovani a non lasciarsi bombardare dalla negatività, il futuro non fa per forza rima con catastrofe, là fuori ci sono opportunità da cogliere, occorre fiducia e un cambio di passo. Ma non possiamo chiedere alle leve di domani di aggiustare i problemi di oggi. È una questione di responsabilità intergenerazionale. Consegniamo ai nostri ragazzi un Ticino sano e forte, poi diamo fiducia a loro per costruire qualcosa di positivo. Staremo a vedere se ci saranno forze politiche lungimiranti al punto di dare una mano al Ticino e ai ticinesi di domani. Forza giovani!

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