L'editoriale

L’energia, il clima e la politica del muro

Siamo passati dal dilemma clima-tasse al dilemma clima-energia
Gianni Righinetti
09.06.2023 06:00

Siamo passati dal dilemma clima-tasse al dilemma clima-energia. A due anni dal no popolare nella misura del 51,6% alla vessatoria Legge sul CO2, tanto ideologica quanto finalizzata a mettere le mani nelle tasche dei cittadini in nome della svolta energetico-ecologista, il prossimo 18 giugno saremo nuovamente chiamati alle urne per dire la nostra sugli «obiettivi in materia di protezione del clima, l’innovazione e il rafforzamento della sicurezza». Si tratta di una soluzione di compromesso all’estrema iniziativa popolare per i ghiacciai che avanzava draconiani e irrealistici divieti ai vettori energetici di origine fossile. Il compromesso uscito dai lavori del Parlamento è fortemente osteggiato dall’UDC che ha promosso il referendum e che in vista del voto ha raccolto trasversalmente il sostegno di diversi rami dell’economia e delle associazioni produttive del Paese. Va premesso che la soluzione sul tavolo è ben diversa da quella di 24 mesi fa, quando il vento dei contrari soffiava impetuoso. Oggi le divergenze sono più sfumate, anche se nella logica della campagna i rispettivi fronti tendono ad esagerare le virtù proprie e i difetti altrui. Quanto bocciato poggiava su una politica punitiva nell’intento di educare i cittadini a manifestare comportamenti virtuosi. Chi non si adeguava doveva pagare. In realtà anche chi adottava abitudini green non era integralmente immune dalla punizione pecuniaria.

Oggi come ieri il messaggio è che non c’è più tempo da perdere, occorre agire ed è lungimirante investire. Princìpi che, per trovare concretezza, dovranno convincere i cittadini a muoversi, a metterci i propri soldi beneficiando della promessa statale di un sussidio. Diciamo che si cerca una spinta dal basso, ma con la garanzia di non trovarsi soli al momento di dover pagare la fattura della conversione energetica. In parte è già quanto accade con gli incentivi per la posa di pannelli solari e in passato è quanto era valido anche per l’acquisto dell’auto elettrica. Il sussidio è una buona cosa, ma sappiamo che quando lo Stato fatica a fare quadrare i conti la virata dalla mano che dà a quella che prende può essere piuttosto stretta. In questo senso, anche in futuro occorrerà rimanere vigili, ma il nostro sistema democratico funziona nel senso che non esistono scelte definitive destinate a valere per l’eternità.

Come detto nel 2019 era stata lanciata l’iniziativa popolare «Per un clima sano (Iniziativa per i ghiacciai)», una denominazione che, generando una reazione di pancia (chi non vorrebbe idealmente salvare i nostri cosiddetti «ghiacci eterni»?) ha avuto successo nella raccolta delle sottoscrizioni. Ma politicamente era insostenibile con il suo divieto del consumo di vettori fossili come petrolio e gas dal 2050. Il Parlamento non se l’è sentita di mandare «semplicemente» al macero quel testo ed ha elaborato un controprogetto in grado di accontentare i proponenti e, nel contempo, proficuo per la collettività. Ovviamente una parte di ideologia è rimasta, ma in buona sostanza si tratta di un progetto sostenibile e al quale si può dare fiducia, nella consapevolezza che se qualcosa non soddisferà dal passaggio dalla teoria legislativa alla sua applicazione pratica, in Svizzera siamo abituati a correggere la rotta e non a lasciarci semplicemente travolgere senza fiatare.

Alla fine dei conti occorre riconoscere con serenità quanto può aiutare nella ricerca della protezione del clima. Un obiettivo che anche i cittadini non fanaticamente ecologisti dimostrano sempre più di perseguire con pragmatismo. Il meglio in questo campo è davvero nemico del bene e quando si parla di energia e clima la testarda politica del muro per dire no non porta da nessuna parte se non a manifestare la stessa testarda e ottusa ideologia che si rimprovera all’avversario.

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