L’Europa e il pesante fardello del gas russo

La presidente della Commissione UE Ursula von der Leyen, ieri intervenendo allo Strategic Forum di Bled, in Slovenia, ha avuto parole dure contro la Russia e la Cina. «All’inizio di quest’anno Russia e Cina hanno dichiarato una partnership illimitata. E solo poche settimane dopo - ha sottolineato la leader europea - la Russia ha lanciato la sua guerra contro l’Ucraina. Se vogliamo preservare i principi fondamentali, come l’autodeterminazione e l’inviolabilità dei confini, Putin non può vincere questa guerra».
Il concetto espresso dall’ex ministra della Difesa tedesca è molto chiaro ed è condiviso da molti leader europei. Meno evidente, invece, appare come potrà l’esercito ucraino costringere l’invasore russo alla resa o, perlomeno, a un compromesso. Gli Stati Uniti hanno annunciato recentemente ulteriori aiuti militari di peso. Diversi Paesi europei sono pronti, pur con importi più contenuti rispetto a quelli americani, a sostenere ancora lo sforzo bellico di Kiev. Ma la prova del nove, per il Vecchio Continente, si avvicina. Cosa accadrà il prossimo inverno dopo il taglio parziale o totale delle forniture di gas russo? Molti Governi, compreso quello svizzero, si preparano a una serie di misure volte a fronteggiare, sia la probabile carenza di idrocarburi, sia il conseguente aumento dei prezzi, in particolare quello del gas. Ma in diversi Paesi europei cresce la preoccupazione per l’elevata inflazione spinta dall’impennata del costo del metano. I più toccati sono i Paesi che dipendono fortemente dalle forniture di gas russo, come Germania e Italia. Berlino, in particolare, ha favorito per anni il suo potente settore industriale ricorrendo al metano a buon mercato assicurato dal gasdotto Nord Stream 1 costruito sulla base dell’intesa siglata nel 2005 tra Gerhard Schröder e Vladimir Putin. Sembrava l’inizio di una nuova era di collaborazione economica tra Russia ed Europa. Poi però, lo scorso febbraio, il Cremlino ha mostrato il suo vero volto con l’invasione dell’Ucraina. Gli scambi commerciali hanno ceduto il campo agli scambi di cannonate tra russi e ucraini e Putin trovatosi a fare i conti con le pesanti sanzioni occidentali ha reagito usando l’arma energetica.
L’Occidente già negli anni ‘70 del secolo scorso aveva conosciuto le dure conseguenze dell’eccessiva dipendenza energetica dal petrolio mediorientale. Il prezzo del barile aveva raggiunto livelli record dopo l’embargo decretato dai Paesi arabi dell’OPEC come ritorsione per il supporto dato dagli occidentali a Israele nella guerra del Kippur. Oggi sono cambiate le circostanze, ma gli errori e il meccanismo sono gli stessi. Nonostante l’invasione della Crimea nel 2014 da parte della Russia, l’Europa ha mantenuto la sua dipendenza energetica da Mosca. Poi l’appoggio militare e politico fornito dall’Occidente all’Ucraina ha spinto il Cremlino a usare i tagli alle esportazioni di gas verso l’Europa come misura di ritorsione. Ieri, nel suo intervento allo Strategic Forum di Bled, la von der Leyen ha cercato di lanciare segnali incoraggianti all’Europa: «Stiamo diversificando i nostri fornitori alla velocità della luce: l’acquisto di gas da fonti diverse dalla Russia è aumentato di 31 miliardi di metri cubi da gennaio e ciò compensa i tagli russi». Ma l’indipendenza energetica da Mosca è tutt’altro che raggiunta.
Nel suo intervento la presidente della Commissione UE ha detto che «dobbiamo prepararci a una potenziale interruzione totale del gas russo». Una dichiarazione che ha fatto risalire il prezzo del gas ad Amsterdam. Aumenti su cui Mosca punta molto per erodere il sostegno a Kiev che finora si è creato in Europa. Per contrastare il forte aumento del prezzo del metano Bruxelles chiede agli Stati membri di ridurre il consumo di gas del 15% per conservarlo nello stoccaggio. La sfida però è enorme, soprattutto nei Paesi più pesantemente colpiti dagli elevati tassi di inflazione originati in buona parte dall’impennata dei prezzi degli idrocarburi. Gli esperti di energia dicono che non è possibile rimpiazzare in tempi brevi tutto il gas russo che l’Europa utilizza. La riduzione dei consumi, là dove è possibile, resta dunque la riposta più immediata per liberarsi dall’imbarazzante dipendenza da Mosca. E per il futuro Ursula von der Leyen ha lanciato un appello affinché non si creino nuove e pericolose dipendenze, questa volta dalla Cina, ricordando che materie prime quali il litio per le batterie, il silicio metallico per i chip e le terre rare per produrre magneti per veicoli elettrici e turbine eoliche provengono per lo più dalla Cina. Bisogna dunque diversificare i fornitori per evitare che l’accesso a queste materie prime venga usato per ricattare l’UE.