Leventina, ora la valle è di fronte a un bivio

Il Consiglio di Stato lo scrisse esattamente dieci anni fa, nel «Programma d’attuazione della politica economica regionale»: «Solo la realizzazione coordinata delle iniziative può creare le premesse per un effettivo riposizionamento turistico». Quella della Leventina è una storia feconda per via dell’accesso al valico del San Gottardo, per un paesaggio contraddistinto da foreste di conifere e castagneti e per l’allevamento, ma al tempo stesso complessa, caratterizzata da rivolte, insofferenze e valanghe che l’hanno messa in ginocchio. La valle si è però sempre rialzata dimostrando orgoglio, tenacia e perseveranza. Il distretto, negli ultimi decenni, è stato confrontato come altre zone di montagna allo spopolamento. Diminuzione di residenti tra il 1990 ed il 2000; sostanziale stabilità nel decennio seguente; e una flessione significativa dal 2010. Le soluzioni per contrastare il fenomeno (a cui va aggiunto il progressivo invecchiamento della popolazione) non sono facili da trovare.
Una ricetta, semplice e banale, è quella di aumentare i posti di lavoro (quanto sarebbero state preziose le future Officine FFS all’ex Monteforno); ciò che si tradurrebbe nell’insediamento di nuovi nuclei familiari con relativa crescita del gettito fiscale. Gli strumenti attraverso i quali mirare all’obiettivo sono le aggregazioni (le ultime unioni, in ordine di tempo, hanno portato alla nascita dei Comuni di Giornico e Quinto) e i progetti socioeconomici in grado di rilanciare il comprensorio. Ebbene, su quest’ultimo punto il bilancio è in chiaroscuro. Come non ricordare il polo floricolo che il gruppo italiano Ciccolella preconizzava su una parte dell’ex aerodromo di Ambrì. Era il primo lustro degli anni Duemila e l’idea aveva entusiasmato le autorità, alla luce della comprovata esperienza degli imprenditori pugliesi. Un investimento fra 60 e 90 milioni di franchi che comprendeva anche l’edificazione di una centrale a biomassa per l’approvvigionamento energetico. Nelle serre avrebbero dovuto essere coltivati 12 milioni di rose ed anthurium all’anno. Nel maggio 2011 la comunicazione che in Alta Leventina non sarebbe sbocciato nulla. Dieci anni più tardi l’addio ad un’altra lungimirante operazione, il datacenter da 80 milioni da ricavare in un cunicolo AlpTransit in disuso nei pressi del portale sud del tunnel di base del San Gottardo a Bodio. Note positive, ma non troppo, in ambito sportivo. La Gottardo Arena è stata costruita ma il presidente dell’HCAP Filippo Lombardi ha dovuto sudare le proverbiali sette camicie, mentre la maxi pista a cielo aperto più lunga al mondo che dovrebbe sorgere a pochi passi è un sogno che stenta ad essere coronato.
Peggio sta andando all’accademia per sportivi d’élite da 120-150 milioni all’ex Sanatorio di Piotta. La SA, come abbiamo anticipato nelle scorse settimane, è fallita e la vetusta struttura rischia di finire all’asta. Può fare salti di gioia, per contro, il Centro nazionale di freestyle di Pesciüm. Non scordiamoci, infine, la destagionalizzazione degli impianti di risalita e la romantica idea di collegare Airolo ad Andermatt con delle cabinovie promossa dal gruppo Porta Gottardo. Vedrebbe la luce quando il secondo tubo della galleria autostradale del San Gottardo, con tanto di riqualifica del fondovalle airolese, sarà già stato inaugurato. Il masterplan promosso dai Comuni, con il sostegno dell’Ente regionale e dell’Organizzazione turistica, indica la visione fino al 2035. Ora servono compattezza ed unità d’intenti per trasformare in fatti una valle di parole. Perché «anche sui sassi possono crescere i fiori», ripeteva la poetessa di Ambrì Alina Borioli.