L'instabilità di Parigi rende l'UE più debole

La Francia, dopo il siluramento del premier uscente François Bayrou, sfiduciato lunedì dall’Assemblea nazionale, si presenta sulla scena internazionale come un partner sempre più instabile dal punto di vista politico ed economico. E, in un momento di forti tensioni internazionali, con i conflitti in Ucraina e Medio Oriente nonché con la guerra dei dazi scatenata dal presidente USA negli ultimi mesi, non si tratta di una buona notizia. E nemmeno la nomina di Sébastien Lecornu, decisa ieri da Macron, cambierà la sostanza delle cose.
L’Europa sta cercando di barcamenarsi come meglio può per far fronte alle avversità del momento, ma appare chiaro che un indebolimento di Parigi sul piano internazionale rischia di produrre pesanti effetti negativi anche sulla tenuta del Club di Bruxelles. Emmanuel Macron può piacere o meno, ma resta il fatto che ha mostrato molta tenacia nel cercare di porre un freno alle spinte espansionistiche di Mosca.
Subito dopo l’avvio dell’offensiva militare russa in Ucraina nel febbraio del 2022, il presidente francese era stato l’unico leader europeo a tenere aperto un dialogo con Putin per convincerlo a porre fine allo spietato conflitto. Constatata l’intransigenza del Cremlino sul fronte negoziale, l’inquilino dell’Eliseo ha sostenuto con ardore le ragioni di Kiev. Ancora lo scorso 4 settembre, quando l’agonia del governo Bayrou era ormai nota, l’ex enfant prodige della politica francese, davanti a una decina di partner europei membri della ”coalizione dei volonterosi”, ha ribadito la volontàdi Parigi di sostenere la difesa di Kiev. Ma per ora di cessate il fuoco in Ucraina non se ne vede neppure l’ombra.
Washington non sembra disposta a sfoderare misure energiche con cui spingere Mosca verso il dialogo. La patata bollente resta pertanto nelle mani dell’UE, sia a livello di aiuti militari, sia nell’ambito del sostegno economico a Kiev. I Paesi del Club di Bruxelles rischiano però grosso sul fronte interno, a causa delle spese militari destinate a sottrarre preziose risorse a quelle sociali. Il rallentamento dell’economia, i debiti eccessivi accumulati da diversi Stati, tra cui la Francia, e l’impoverimento di estese fasce della popolazione sono elementi che messi insieme sono in grado di creare forti tensioni sociali e temibili scossoni politici. Uno dei possibili scenari legati a tale quadro lo abbiamo davanti ai nostri occhi in Francia. Macron ha subito le conseguenze del diffuso malcontento popolare, incassando una dura batosta nel voto per il rinnovo del Parlamento europeo del giugno 2024. La sua decisione di convocare elezioni anticipate non si è rivelata molto astuta. In effetti il voto per il rinnovo dell’Assemblea nazionale (la Camera francese) ha prodotto la spaccatura del Parlamento in tre blocchi: il Nuovo fronte popolare (alleanza di partiti di sinistra), giunto primo, Ensemble (partiti fedeli a Macron), giunto secondo, e il Rassemblement national di Marine Le Pen, giunto terzo.
Nessuno dei tre blocchi gode della maggioranza assoluta in Parlamento e trovare compromessi tra schieramenti molto diversi tra loro non è cosa semplice; ciò spiega la breve durata dei Governi nominati da Macron negli ultimi anni. Bayrou non ha superato il voto di fiducia in quanto voleva tagliare 44 miliardi di euro di spesa pubblica per ridurre l’enorme debito pubblico francese ormai pari al 114% del Prodotto interno lordo (PIL). I più disagiati non ne vogliono però sapere di tagli alla spesa sociale per finanziare le spese militari, in Francia, come in altri Paesi europei. In un tale clima di tensioni sociali hanno gioco facile i partiti estremisti che sono in forte crescita in diversi Paesi europei, compresi Francia e Germania, una volta considerati i pilastri dell’UE. In Europa urgono ripensamenti politici, per evitare che la crisi francese diventi contagiosa.