L'editoriale

L'instabilità finanziaria sembra non preoccupare i banchieri

La BNS, al pari di Fed e BCE, ha aumentato ancora una volta i tassi d'interesse guida portandoli all'1,5% (+0,5 punti percentuali) in nome della lotta all'inflazione
Generoso Chiaradonna
24.03.2023 06:00

La stabilità dei prezzi è prioritaria rispetto a quella del sistema finanziario. Almeno, è quello che ci stanno dicendo i governatori delle principali banche centrali a partire da Christine Lagarde (BCE), Jerome Powell (Fed) e Thomas Jordan (BNS) che hanno confermato la politica monetaria restrittiva per le loro rispettive economie. Il tasso guida sul franco è salito di un altro mezzo punto all’1,5% che può apparire poco, ma soltanto nove mesi fa era al –0,75%. Il balzo è stato molto ampio e rapido. 

Tutti, comunque - ultimo in ordine di tempo Thomas Jordan - assicurano che il sistema bancario è forte e resiliente e che le recenti turbolenze finanziarie sono quasi mali di stagione passeggeri e non sintomi di qualcosa di peggio. A parte che lo si disse – e sappiamo come andò a finire - anche dei primi segni di incrinatura comparsi nel sistema bancario statunitense quindici anni fa. Prima con le difficoltà di finanziamento emerse nell’agosto 2007 per la Washington Mutual e poi per la scomparsa - per acquisizione coatta da parte della JP Morgan – della banca d’investimento Bear Stearns nel marzo del 2008, sei mesi prima della Lehman Brothers. Addirittura, il salvataggio di Credit Suisse è stato definito dall’Associazione svizzera dei banchieri come un evento in cui «niente è andato storto». Sono parole del suo presidente Marcel Rohner, già alla testa del Cda di UBS nel 2008 quando toccò alla banca da lui presieduta essere presa per i capelli dalla mano pubblica poco prima del fatale crollo innescato dall’altra parte dell’Atlantico dalla crisi dei mutui subprime. Come se la scomparsa di un istituto storico e la nascita di una mega banca che moltiplica al quadrato i rischi sistemici e di controllo fosse un’operazione da manuale e non qualcosa di intrinsecamente molto pericoloso per l’economia svizzera e per il suo ecosistema bancario sempre più concentrato. La nazionalizzazione temporanea di Credit Suisse avrebbe perlomeno salvaguardato la diversità del mercato e forse ridotto l’inevitabile emorragia occupazionale che si prospetta. 

Ad ogni modo, per Thomas Jordan le dimensioni non contano. «Una banca può essere grande, ma i rischi possono essere limitati; oppure un istituto può avere dimensioni ridotte, ma i rischi possono essere molto più vasti», ha rassicurato il banchiere centrale relativizzando di fatto l’operazione di salvataggio di un tranquillo fine settimana di paura. Impegnare risorse finanziarie per 209 miliardi di franchi equivalenti a quasi un terzo del PIL svizzero per permettere la fusione per incorporazione della seconda banca svizzera da parte della prima è ritenuto sostenibile. Negli Stati Uniti l’intervento del Tesoro e della Fed per stabilizzare il sistema finanziario scosso dal fallimento di istituti molto più piccoli di Credit Suisse ha richiesto la mobilitazione di risorse per oltre 500 miliardi di franchi. Una prova che le banche centrali continuano a inasprire le condizioni di credito per imprese e famiglie, ma allo stesso tempo garantiscono – al bisogno – la liquidità agli istituti in difficoltà lanciando segnali accomodanti e contraddittori ai mercati finanziari. Una sorta di colpo al cerchio e un altro alla botte. 

E la Banca nazionale svizzera non è da meno. Rimane concentrata sulla riduzione delle aspettative inflazionistiche da parte di famiglie e imprese con un innalzamento dei tassi robusto che rischia di peggiorare ancora di più le prospettive economiche, date comunque in rallentamento e troppo ottimisticamente ancora in territorio positivo. I costi di finanziamento sono peggiorati non solo per il ritocco verso l’alto dei tassi da parte delle banche centrali, ma anche per le turbolenze del settore finanziario globale. Una sorta di doppia stretta monetaria per chi (tutti, tranne un paio o poco più) è sempre «troppo piccolo per essere salvato». 

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