L’odissea finirà, il problema rimane
E dire che sembrava una bagatella, comunicata su X da Railinfo FFS con poche banalizzanti parole: «Traffico ferroviario limitato. La causa è un deragliamento. La restrizione durerà fino alle 23.30 circa. Sono da prevedere ritardi». Era il primo pomeriggio di un anno fa e quelle parole parevano essere in linea con i ricorrenti ritardi e le soppressioni di treni ai quali non diamo ormai più particolare peso, anche se quel «deragliamento» di un treno merci da subito non era parso uno scherzo a nessuno. In realtà altro non era che l’alba di un vero e proprio calvario sull’asse del San Gottardo. Un’odissea che, ci è stato promesso, terminerà lunedì 2 settembre. Quel giorno i collegamenti da e per il Ticino torneranno ad essere performanti, ad alta velocità sotto il tunnel di base che ha avvicinato il Sud al Nord, riducendo in maniera importante i tempi di percorrenza. Da allora, e ancora per qualche settimana, ai viaggiatori tocca sorbirsi un’ora in più da e per la Svizzera interna, percorrendo quella che sarà anche la suggestiva via ferrata montana, bella, per carità, ma se percorsa una volta magari la domenica per fare una gita in direzione di Lucerna o Zurigo, non per collegare Nord e Sud secondo esigenze professionali, di studio, come pure per vacanze mordi e fuggi che vanno per la maggiore al di fuori dai periodi classici per staccare la spina. Oggi, a un anno di distanza, appare ancora inspiegabile la sottovalutazione iniziale di un’azienda che pretendiamo essere puntuale, sicura, responsabile e trasparente, come le FFS. Poi va detto che nelle settimane e nei mesi successivi è stata corretta la rotta e la credibilità ha ripreso quota. Ma il retrogusto amaro per il vissuto di quei primi confusi momenti rimane. Ancora oggi ci si chiede come mai i sistemi di sicurezza non abbiano fermato per tempo quel treno merci deragliato nel tunnel provocando ingenti danni. Il sollievo, non di poco conto, ma davvero l’unico, è che stiamo parlando di «soli» danni materiali, nessun ferito, nessuna vita umana spezzata, nessun dramma sotto quello che si è dimostrato essere un tunnel essenziale. È proprio vero che quanto ci manchino le cose importanti ce ne rendiamo conto solo quando ne veniamo privati. La nostra pazienza, specie da ticinesi per cui quel treno rimane fondamentale, è stata infinita e non vediamo l’ora si possa tornare a parlare di normalità. Normalità, ma anche garanzia di sicurezza. Premesso che il «rischio zero» non esiste e che un po’ di fatalità va considerata in ogni azione umana, come pure meccanica o tecnologica, appare drammaticamente naturale chiedersi: «Potrà capitare ancora?». Il calcolo delle probabilità gioca a nostro favore ora che qualcosa c’è già stato, ma meglio non speculare troppo e, diciamolo, incrociare le dita, facendo affidamento su una ancora maggiore responsabilizzazione da parte delle FFS affinché quanto si è prodotto venga considerata come una sorta di lezione per non inciampare nuovamente negli errori commessi.
La brutta e carissima storia di un deragliamento sottovalutato in partenza, purtroppo ci pone una volta ancora di fronte a una realtà con la quale ci siamo confrontati più volte, ma che ci trova impotenti ogni volta che ci troviamo a cozzare contro: a livello di mobilità e trasporti il sistema è drammaticamente fragile. E questo lo vediamo ormai quotidianamente sull’asse autostradale del San Gottardo, lungo l’A2 nel Sottoceneri e nelle tante altre arterie ormai insufficienti per sostenere il flusso di veicoli che finiscono incolonnati. Non esiste bacchetta magica per risolvere il problema, ma se anche l’alternativa ferroviaria subisce un drastico stop come da un anno a questa parte, giocoforza, ci troviamo spalle al muro.