Lugano tra sogni, pragmatismo e business

Un’idea, una fiammata e un acceso confronto. La proposta con tanto di suggestivo rendering che stravolge, pennellandolo di verde, il comparto del Campo Marzio a Lugano porta la firma del presidente del PLR cittadino Paolo Morel. Una visione visionaria che appare a prima vista irrealistica. Per certi versi sembra un ritorno al passato, un po’ come quando venne lanciata l’idea di una suggestiva spiaggia davanti a Palazzo Civico. Vien da dire che di visioni utopiche sono ormai pieni i cassetti, mentre languono le realizzazioni. Solo il tempo ci dirà se dal dibattito, all’insegna del più esasperante «con me o contro di me», nascerà una sintesi secondo l’atavico spirito elvetico in grado di esaltare il pragmatismo di chi spinge per un polo congressuale da toccare con mano entro un lustro, con la discesa in campo dei privati, come suggerito dall’imprenditore Stefano Artioli, con l’idilliaca visione di un mega polmone a ridosso del cuore della città e di quello che è già il parco alberato, fiorito, con accesso al lago della città sul Ceresio. Fare tabula rasa dell’inguardabile Conza, giunto ormai da tempo a fine vita, al suo posto un bel prato inglese e edificare un padiglione a fianco del Palazzo dei Congressi, cementificando (ma in apparenza maniera ecologica) una porzione del Ciani. Una visione lontana anni luce da quella disegnata dal Municipio, un’opzione che appare troppo bella dal profilo squisitamente estetico per essere realistica in una città che, con il suo vasto territorio che va dal lago ai monti, possiede già ogni genere di elemento presente in natura e può soddisfare ogni esigenza naturalistica. Quello che non soddisfa a Lugano è la richiesta di strutture per congressi, tutto ciò che potrebbe dare una mano a farla conoscere e riconoscere a livello internazionale come realtà per eventi di un certo spessore. A titolo d’esempio ogni anno sentiamo dal professor Franco Cavalli (tutto fuorché un destrorso cementificatore), anima dell’internazionale Congresso sui linfomi che si tiene a Lugano, che ci sono problemi di spazi e di strutture. Dubitiamo che un domani dotti professori verranno sul Ceresio con la tenda per prendere posto nei nuovi spazi verdi accampandosi per un picnic.
Abbandonando la fin troppo facile ironia, viene da chiedersi che senso abbia questa offensiva lanciata da Morel e dal suo Ufficio presidenziale. Il partito ad oggi è riuscito a rimarcare ed esaltare pubblicamente le differenze tra i suoi due municipali, Roberto Badaracco (contrario) e Karin Valenzano-Rossi (favorevole) alla visione green per il Campo Marzio. Oltre a non fare l’unanimità tra chi veste lo stesso abito politico, viene puntigliosamente spiegato che non è la proposta del partito, bensì del suo Ufficio presidenziale. Era difficile immaginare una confusione più marcata tra ruoli e opinioni. In un certo senso il PLR cittadino, cambia municipali, passano i presidenti, ma rimane innata quella capacità di generare al proprio interno tensioni e contrapposizioni. Problema loro, certamente, ma è innegabile che constatare una volta ancora questa dicotomia da parte del partito che ha storicamente retto le sorti della città per decenni, equivale a un regalo alla forza che i liberali radicali intendono battere alle prossime elezioni: quella destra formata da Lega e UDC (se unite o separate oggi ancora nessuno lo sa).
Guardando oltre alle battaglie politiche vien da chiedersi che Lugano vuole chi oggi rappresenta l’istituzione per la città. Pochi giorni fa sono stati commemorati i dieci anni dall’inaugurazione di una splendida realtà della quale risulterebbe impossibile fare e meno. Il LAC, fulgido esempio di bellezza ed eleganza al servizio di un bene immateriale per la nostra mente che si chiama cultura. A Cornaredo ha preso forma il nuovo stadio, mentre l’anno prossimo sarà la volta del Palazzetto dello sport, realizzazioni che sono state fortemente osteggiate e alla fine avallate in votazione popolare. Un travaglio ma con il timbro e l’approvazione della maggioranza dei cittadini. Il che, in democrazia, è un processo naturale e che rende ancora più legittima la scelta.
Rinunciare a un vero polo congressuale, affidandosi al Palazzo dei congressi con annesso nuovo «cubo», ha il sapore della resa, dell’assenza di coraggio e di lungimiranza pratica. Tutto per inseguire un sogno verde? Inutile nascondersi dietro a un dito, la città ideale non esiste, ma Lugano deve essere pragmatica, consapevole che il business è insito nella sua natura, che il mondo dell’economia ha contribuito a forgiarla e a determinarne il benessere, al di là delle difficoltà per finanze cittadine che vanno affrontate. Ma non sarà un parco in più e la rinuncia a un vero polo congressuale a rendere la Lugano di domani più attrattiva e magari neppure «migliore».