Lugano, un anno immersi nel mondo

Dovremmo fare un bilancio di cosa è stato quest’anno, e di come potrebbe essere il prossimo, per Lugano e la sua regione. Mai come quest’anno, tuttavia, le riflessioni ci proiettano oltre le creste dei monti che abbracciano il Ceresio. Mai come quest’anno, almeno a memoria di chi scrive, le notizie globali e quelle locali si sono intrecciate, fuse, scontrate. È la famosa storia del battito d’ali di una farfalla a Tokyo che provoca un uragano a New York, solo che al posto dei colorati insetti volanti ci sono gli stormi di missili lanciati dalla Russia sull’Ucraina. Missili che hanno scosso anche la nostra quotidianità. Lo hanno fatto emotivamente, mettendoci a confronto con la guerra e con lo sguardo di chi l’ha vissuta ed è fuggito in Ticino (anche con le tanto chiacchierate auto di lusso, che di fronte a un colpo d’artiglieria valgono quanto una Panda). Lo hanno fatto anche politicamente, con Lugano che ha ospitato (non senza le proteste di chi non riesce a guardare oltre una strada chiusa al traffico) il summit sulla ricostruzione dell’Ucraina. E poi lo hanno fatto economicamente, innescando una crisi mondiale che è sfociata, tra le varie cose, nel caro bollette (con le AIL che da gallina dalle uova d’oro si sono trasformate nell’ambasciatore che porta pena, perché la porta), nel caro vita, nel caro benzina e in tutti gli altri «cari» che hanno eroso il potere d’acquisto dei luganesi. Come se non bastasse sono arrivate le previsioni «horror» per le finanze della Città, con il debito verso le banche che rischia di riavvicinarsi alla soglia psicologica (e non solo psicologica) del miliardo di franchi. Non è d’aiuto il Cantone, che invece di sostenere il suo polo economico principale lo ha messo ancora più in difficoltà aprendo la strada, con le nuove regole sui moltiplicatori, a una concorrenza fiscale più agguerrita da parte dei Comuni vicini. In tutto questo la politica cittadina è andata avanti, anche se il 2022 è stato un anno di transizione. Del resto il tavolo del Municipio è già abbastanza pieno di dossier aperti, dal Polo sportivo (che è in cantiere) al Piano regolatore unitario, passando per la pedonalizzazione del lungolago e il Polo congressuale: temi sui quali Palazzo civico potrebbe (dovrebbe?) fare uno scatto il prossimo anno, prima che parta la macchina elettorale. Guardando all’anno quasi concluso, spiccano due progetti. Uno è il tanto discusso e ambizioso Plan B, che in città vivrà un altro momento topico il prossimo ottobre con il secondo forum sulle criptovalute. L’altro è la realizzazione di una casa della musica negli stabili della RSI a Besso, per i quali l’Esecutivo ha messo sul tavolo ventun milioni di franchi (classici franchi). Con questa iniziativa e con il LAC che corre verso la sua stagione migliore di sempre, Lugano a livello culturale potrebbe vivere un 2023 da protagonista. A proposito di cultura: il Municipio negli ultimi dodici mesi ha cercato di abbracciare anche quella «dal basso», collaborando con alcune realtà alternative ma dialoganti. Quella non dialogante, invece, che ritiene assurda una divisione fra autogestioni buone e cattive, si è rifatta viva nei giorni scorsi occupando lo stabile ex Caritas a Molino Nuovo. È curioso: il 2022 si è aperto con le polemiche sulla rioccupazione dell’ex Macello e si chiude con quelle sul blitz in via Bagutti.In questi ultimi scampoli di anno, però, ci sono almeno altre due cose che meritano una citazione. Una è la serie di pranzi di Natale organizzati per le persone bisognose o in generale fragili: segno che la fiamma della solidarietà, in Ticino, è sempre viva. L’altra è il ritorno, dopo due anni, della festa in piazza per San Silvestro e della cerimonia di Capodanno. Segno che l’emergenza sanitaria sta finendo? Si spera. Di farfalle che volano preferiamo non vederne più, almeno fino a primavera.