L'editoriale

Lupo, un cambio di paradigma per ritrovare l'equilibrio

Da innocente fino a prova contraria a colpevole fino a prova contraria: la dottrina giuridica attorno al grande predatore potrebbe cambiare molto presto
Giona Carcano
16.09.2023 06:00

Da innocente fino a prova contraria a colpevole fino a prova contraria. La dottrina giuridica, se così possiamo definirla, attorno al lupo, potrebbe cambiare molto presto. E non importa se, esattamente tre anni fa, la popolazione svizzera respinse (di pochissimo) una modifica della legge sulla caccia che fra le altre cose avrebbe permesso un abbattimento «facilitato» del grande predatore.

Un’ordinanza progettata da Albert Rösti e dal suo dipartimento, che dovrebbe entrare in vigore dal 1. dicembre, rischia infatti di trasformarsi in una sentenza di morte per circa due terzi dei lupi oggi presenti in Svizzera. Figlio di contadini dell’Oberland bernese, il consigliere federale dell’UDC sembra intenzionato a usare l’artiglieria pesante contro quello che, in pochissimo tempo, da problema lontano e perlopiù ignorato dai suoi predecessori al DATEC è diventato un argomento centrale a più livelli.

Certo, di mezzo ci sono scadenze elettorali e dunque si potrebbe facilmente pensare a una mossa acchiappa voti. Eppure, per quanto molto temerario, il contenuto dell’ordinanza permetterebbe di affrontare una spina nel fianco che, senza un’azione decisa, rischia di sfuggire a ogni controllo. Non solo: potrebbe contribuire a mettere un freno al bracconaggio, un fenomeno che ha numeri sorprendentemente importanti nella Confederazione. Secondo un’indagine del programma «Rundschau» pubblicata martedì, negli ultimi 25 anni più di un lupo morto su 7 è stato ucciso illegalmente.

Del resto, che la situazione sarebbe diventata esplosiva era chiaro sin dall’inizio, anche alla politica. Dalla formazione nel 2012 del primo branco capace di riprodursi (regione del Calanda) a oggi, il numero di lupi è cresciuto di anno in anno fino a raggiungere quasi le 300 unità, suddivisi in più di trenta branchi. Un’evoluzione prevedibile, dicevamo, anche perché contenuta nel documento Strategia lupo della Confederazione, che a sua volta si basa sulle precedenti esperienze fatte dai Paesi limitrofi. Stando al rapporto, quando il grande predatore si diffonde la crescita annua della popolazione è del 20-30%. Un ritmo di crescita molto elevato, e la recente morte della lupa più vecchia della Svizzera ne è fedele testimonianza: F07, lo schivo esemplare che ha formato il primo branco svizzero citato poco fa, ha dato alla luce 46 cuccioli in sei anni. 

Al lupo, sterminato nelle Alpi alla fine del XIX secolo, è stato giustamente concesso di tornare. Risalgono agli anni Novanta le prime migrazioni spontanee. Si tratta di un animale estremamente prezioso perché gioca un ruolo importante, al pari di altri grandi predatori, di regolatore naturale. E – al di là di arcaiche paure e costruzioni artificiali – non è un pericolo per l’uomo, data la sua natura elusiva. Tuttavia, lo è per le greggi, in particolare di pecore e capre. Il punto sta tutto qui: con il moltiplicarsi degli attacchi agli animali da reddito nei cantoni alpini (passati da 446 uccisioni nel 2019 alle 1.480 dello scorso anno), è venuto meno il sostegno, o quantomeno la curiosità, che la maggioranza della popolazione nutriva per questo grande predatore. Per contro, si è fatto largo un sentimento diffuso di intolleranza, in particolare da parte di chi – gli attacchi – li subisce a un ritmo oramai diventato insostenibile.

Rösti cerca dunque di rispondere alla collera degli allevatori con un’azione decisa quanto temeraria, anche perché le associazioni ambientaliste – viste le cifre elevatissime dei possibili abbattimenti previsti dall’ordinanza – si sono schierate compatte raccogliendo in poco tempo decine di migliaia di firme tramite una petizione. Tuttavia, la mossa ha il pregio di spostare l’attenzione dalle vittime del lupo al lupo stesso, affrontando un problema sì polarizzante, ma molto reale. Rimanere con le mani in mano nei confronti del lupo significherebbe prorogare ancora una volta la ricerca del necessario equilibrio fra grandi predatori e attività umane.

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