Nessun fuoripista e un paio di segnali

È andata come doveva andare. Ignazio Cassis è stato riconfermato (anche con un risultato migliore di quanto si potesse immaginare alla vigilia), mentre con l’elezione di Beat Jans l’Assemblea federale ha scelto un candidato ufficiale del ticket socialista. Il realismo ha prevalso sulle voci e sulle speculazioni che hanno fatto da sfondo alla campagna per il rinnovo generale del Governo. I veri o presunti piani segreti per estromettere il consigliere federale ticinese e il tentativo temerario dei Verdi di strappare un seggio al PLR sono naufragati di fronte alla volontà di stabilità e concordanza, che passa dal mantenimento degli equilibri acquisiti. Chi più chi meno, i partiti governativi si sono attenuti ai patti. Nessuno aveva interesse a creare sin dall’inizio una rottura, foriera di reazioni a catena dagli esiti imprevedibili. Su per giù, valgono le stesse regole della montagna: meglio restare sui percorsi segnalati, perché quando si inizia a sciare fuori pista si possono causare valanghe destinate a travolgere i compagni d’escursione. A Palazzo, tutti i partiti di Governo hanno portato a casa il risultato, evitando di nuocersi a vicenda. Si potrà ripartire da dove si era rimasti, senza traumi. I problemi da affrontare non aspettano: l’approvvigionamento energetico (e il clima), i costi della salute, la stabilizzazione del primo pilastro previdenziale, le finanze, i rapporti con Bruxelles e la questione della neutralità, tanto per citare i principali.
Per Cassis si ipotizzava una rielezione risicata. Il capo del DFAE, invece, pur trovandosi di nuovo sotto attacco ha ottenuto più voti di quattro anni fa. In parte è un riconoscimento del lavoro svolto e in parte un buon viatico per affrontare i prossimi impegni di politica estera, a cominciare dal «dossier» europeo, pronto a ripartire su basi diverse ma destinato a misurarsi con i problemi di sempre: il ruolo della Corte di giustizia europea nella risoluzione delle divergenze, la ripresa del diritto comunitario e la difesa dei salari. La riconferma del magistrato ticinese è importante anche per la Svizzera italiana, nell’ottica del rispetto del principio costituzionale della rappresentazione delle componenti linguistiche.
A differenza dell’anno scorso, non ci sono state sorprese in casa socialista. Partito nel ruolo di favorito, il presidente del Governo cantonale di Basilea Beat Jans è stato eletto al terzo scrutinio. Dopo cinquant’anni - l’ultimo fu Hans-Peter Tschudi - la città-cantone ha di nuovo un consigliere federale. A Jans, già consigliere nazionale per dieci anni, sono state riconosciute l’esperienza esecutiva e, verosimilmente, anche una disponibilità al compromesso migliore del suo giovane concorrente diretto Jon Pult, uscito a pezzi da questa tornata. L’aver fatto parte della Gioventù socialista non ha aiutato il grigionese. Pur non essendo un candidato ufficiale, o forse proprio per questo, il «senatore» zurighese Daniel Jositsch ha funto ancora da terzo incomodo, raccogliendo parecchi consensi in tutti e tre gli scrutini, sempre conclusi in seconda posizione. Il sostegno di cui ha beneficiato va letto anche come un monito per il vertice del Partito socialista, che agli occhi di non pochi rappresentanti dei partiti borghesi ha presentato un ticket troppo sbilanciato a sinistra. Il PS si trova ora con due grattacapi. Innanzitutto la posizione dello stesso Jositsch, che anche ieri (al pari dell’anno scorso) non è intervenuto alla tribuna per dire che non era in corsa e chiedere di far convergere i suoi consensi sui due candidati ufficiali (il più penalizzato dal suo silenzio è stato Pult). Difficile che il rapporto, ormai logoro, possa essere ricucito. In secondo luogo, i rapporti con i loro alleati Verdi, contrariati per lo scarso sostegno ricevuto dal candidato ecologista al Consiglio federale e per l’appoggio alla riconferma dei due seggi del PLR.
In generale: ieri le regole (non scritte) del gioco sono state rispettate perché nessuno aveva interesse a violarle. Ma al di là della questione politica e personale, i voti a Jositsch suonano anche come un segnale che comincia a serpeggiare una certa insofferenza per il potere dei partiti nella designazione dei candidati e che l’Assemblea federale gradirebbe riprendersi le sue libertà. Quanto alla formula magica, ha superato ancora una volta il test, ma a medio termine, se proseguiranno gli attuali trend elettorali, potrebbe rendersi necessario un ripensamento.